L’aquila, la nobilissima tra gli uccelli, disdegna il basso e si compiace delle sconfinate solitudini. Compagna indivisibile di Giove, in araldica è segno di potenza, della vittoria, di dominio e di prosperità.
Gli antichi bestiari gli attribuivano la capacità di fissare il sole senza socchiudere gli occhi.
Quando è in volo emana un senso di smisurata energia. È la stessa, invisibile energia dei sogni, delle antiche divinità, la vibrazione di un eco che si perde nello spazio.
Il grande senso di forza non è solo un impressione. Ha motivazioni segrete anche da certe caratteristiche anatomiche, come la struttura ossea sporgente sopra l’occhio. Questa specie di sopracciglio conferisce all’aquila l’espressione dura, corrucciata e aristocratica che la contraddistingue. Gli occhi, i più acuti di ogni essere vivente, non ci guardano: ci oltrepassano fermandosi lontano, oltre i nostri pensieri, dubbi e sensazioni.
La sua formidabile memoria gli permette di ricordare tutto, compresi i torti subiti, ma essendo più intelligente e riflessiva degli altri rapaci, può anche affezionarsi all’uomo.
Osserviamola con il suo falconiere: si fidano e si confidano. Alzata sul pugno è imponente e maestosa. Apre le ali a conferma di enorme potenza e volontà di andare. Poi il volo. È il momento in cui rivela tutta la sua bellezza e il suo smisurato, grandioso senso di libertà. Plana e risale con eleganza, si butta in velocità e si lascia trasportare dalle correnti, ma senza mai perdere di vista il riferimento.
Appena richiamata, ritorna al pugno del falconiere, suo confidente e amico.
Mario Biagioni
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