Nel 1992, la chiusura della caccia fu inesorabilmente fissata al trentuno di gennaio. Durante il febbraio-marzo in alcune giornate il padule pullulava di uccelli di ogni specie, ricordo giornate nelle quali i branchi di codoni si succedevano gli uni agli altri senza soluzione di continuità.
Nella settimana di S.Giuseppe capitavano giornate di marzaiole da dare i brividi, poi seguivano i trampolieri di ogni specie che talvolta sostavano fino a tutto aprile, un vero spettacolo.
Da come era ritornata la vita era logico pensare che il Padule sarebbe sopravvissuto agli attacchi dell’uomo.
Probabilmente le acque ricche di inquinanti organici degli anni passati avevano sedimentato, liberando durante i processi di umificazione enormi quantità di sali minerali e creando un sistema eutrofico.
Certo,mi rendevo conto che alcune catene alimentari tradizionali si erano spezzate ricreandone altre di minore stabilità biologica.
Un anno prevalevano le scardole un altro le abramidi a vantaggio dei consumatori primari:aironi e lucci; questi ultimi registravano incrementi ponderali mai visti: 250 grammi a settembre, 700 dopo un anno di vita.
Nel 1992 le nascite dei luccetti diminuirono drasticamente e nel giro di pochi anni si ridussero a zero: non mi chiedete perchè, posso solo dirvi che i gamberi non erano ancora arrivati e l’acqua era ottima, forse come non era mai stata neanche cinquanta anni prima.
Lucci ne catturavamo ancora molti, ma tutti di età superiore all’anno; non c’era più ricambio.
Nel ’94 in tre amici con lo spinning ne catturammo più di cinquecento (rilasciandoli quasi tutti).
A questo proposito vi voglio raccontare un episodio.
Siccome li catturavamo in zone molto limitate, mi sorse il dubbio che alcuni potessero essere gli stessi, allora con un’apposita pinza gli mettevo un occhiello alla coda che, se fosse anche caduto doveva lasciare un buco; bene, lucci marcati non ne catturammo mai.
Un giorno mi raccontarono che alcuni andavano a pescare i gamberi a Massaciuccoli, sembra fossero fuggiti da un allevamento (i giornali ne avevano parlato, ma non vi avevo dato peso).
Volli vederli e mi resi conto trattarsi proprio del gambero rosso della Virginia.
L’anno dopo un pescatore mi disse che ogni tanto ne chiappava uno, infatti dopo qualche mattina ne potei fotografare un paio.
Pensai che l’allarmismo fatto dai giornali sul loro conto fosse esagerato, avevo assistito all’invasione dei persico sole, dei pesci gatto,dei persico trota poi nel giro di pochi anni l’equilibrio si era ristabilito. Mi sbagliavo di grosso.
Nel giro di un paio d’anni divennero la maggiore attrattiva del padule, intere famiglie migravano in frotte lungo fossi e canali muniti di canne, guadini, retini e chili di esca tipo fegato, rognone, per catturare le ambite prede che poi opportunamente spurgate avrebbero dato gustosi sughi.
Provai anch’io, li feci in guazzetto, al sugo secondo le ricette che andavano per la maggiore e che i pescatori in gran segreto si scambiavano.
Sia io che i miei amici li trovammo assolutamente immangiabili:duri, stopposi e del tutto privi di ogni sapore; questo forse è l’unico pregio.
Aironi, gabbiani e cornacchie ci si facevano d’oro incrementando di anno in anno le popolazioni.
Un giorno notai che molti storni nidificanti sui tetti di Massarella andavano al pascolo in una zona palustre semiprosciugata .
Mi appostai allora munito di cannocchiale sulla traiettoria e con grande stupore vidi che, nel ritorno al nido, recavano nel becco un gamberetto, grande esempio di adattamento ambientale!
All’inizio del terzo millennio gli equilibri alimentari erano completamente sconvolti, solo le specie troficamente legate al gambero prosperavano, le altre soccombevano.
Le anguille che montavano dall’Arno in discreto numero si erano adattate benissimo al nuovo tipo di dieta, dimostrando incrementi ponderali imprevedibili.
Ogni dieci chili di anguille più della metà superavano i trecento grammi di peso.
Le carni delle anguille più grosse hanno addirittura acquistato un colore salmonato oltre che un gusto squisito.
Intanto mi accorgevo che le tinche erano ormai estinte e i luccierano in rapida diminuzione, dato che ormai da anni non si avevano nascite, ma anche altre specie stavano diminuendo.
Mi preoccupava soprattutto che stavano diminuendo anche molte specie vegetali, così scoprii che i gamberi si nutrivano anche dei germogli delle idrofite.
La situazione attuale del Padule è a dir poco tragica; dal ’92, quando feci un censimento dei biotipi presenti, le specie vegetali tipiche sono estinte al 90%, in piccola parte sostituite da specie ammoniacali e ruderali.
I ranocchi si possono considerare estinti, così come la natrice, tre specie di pesci e una cinquantina di altri invertebrati.
Si sono altresì rarefatte o sono scomparse numerose specie di uccelli, soprattutto durante il passo primaverile.
Basti pensare a titolo di esempio che in tutto il mese di marzo ho avvistato un centinaio di marzaiole, ammesso di non aver contate le stesse più volte, e non ho mai sentito cantare un voltolino.
Indubbiamente, come ho precedentemente osservato, la nascita dei lucci era in calo prima della comparsa del gambero, i ranocchi, insieme ai rospi, sono stati decimati dagli ardeidi, ma ritengo che la scomparsa di quasi tutte le specie vegetali o animali è da attribuire al gambero.
Ho preso in considerazione varie ipotesi fra cui l’inquinamento e la presenza di diserbanti nelle acque.
L’inquinamento come ho già detto è stato prevalentemente di natura organica con presenza di metalli pesanti nei limiti e pH vicino al neutro; semmai, in passato sono risultati bassi i livelli di ossigeno disciolto, ma ciò non influisce sulla vegetazione.
Altrettanto dicasi per la presenza di diserbanti; anche negli anni in cui era legale l’uso dell’atrazina le analisi della ASL (allora per fortuna non c’era l’ARPAT) non ne hanno mai rilevato la presenza.
Questa è la storia vissuta, goduta e sofferta degli ultimi cinquant’anni del padule di Fucecchio, un raro ecotipo sul quale è arrivata la parola FINE anche se centri di ricerca e documentazione, province, comuni, associazioni ambientaliste e furbetti vari, avendo scoperto che è una bella vacca da mungere, fanno finta di niente.
Giovanni Franceschi