Lo scorso venerdì si è tenuta un’audizione delle Associazioni Venatorie presso il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Tema dell’incontro la recente modifica dell’Art 19 della 157/92. Nell’occasione Arci Caccia, rappresentata dal Presidente Nazionale Maffei e dal Responsabile Comitato Scientifico ARCI Caccia Gabriele Sperandio, ha depositato un proprio documento di osservazioni di cui riportiamo i punti principali:
Comma 2 dell’Art. 19 L. 157/92:
· non c’è collegamento logico tra i tre periodi di cui è composto il comma. Infatti il terzo periodo fa riferimento all’inefficacia di “predetti metodi” che, non sono indicati nei precedenti periodi. È evidente che è stato tralasciato il riferimento, già presente nella versione del ‘92 dell’articolo, ai metodi ecologici, completamente assenti nella modifica in oggetto.
· Non sono indicati i mezzi per la realizzazione dell’attività di controllo in ambito urbano e nei contesti in cui non è oggettivamente utilizzabile l’arma da fuoco.
Andrebbe introdotta l’indicazione a metodi di cattura e/o mezzi incruenti con l’impiego di personale specificamente specializzato.
· il generico riferimento alle “aree protette” quali zone di applicazione dell’attività di controllo faunistico richiede un necessario chiarimento riguardo l’ambito di
applicazione della L. 157/92 che al contrario della L. 394/91 non ha prerogative per le aree protette di cui alla medesima Legge.
– Comma 3 dell’Art. 19 L. 157/92:
· si fa riferimento alla possibilità di intervento nel controllo faunistico da parte dei soli cacciatori “iscritti agli ambiti territoriali di caccia o nei comprensori alpini delle aree interessate”; detta disposizione limita il ricorso alla totalità dei cacciatori giacché solo una parte degli stessi è iscritta agli ATC o ai CA. Si rileva in tal senso che la modifica così proposta impone che tutti i cacciatori coinvolti debbano obbligatoriamente pagare un’iscrizione ad ATC o CA non dovuta fino ad oggi perché impiegati in una collaborazione ad attività pubblica quale è il controllo faunistico. Inoltre, si rileva anche la criticità ad attuare il controllo faunistico negli istituti faunistici privati di cui all’Art. 16 della L. 157/92 (AFV e AATV) dato che ai cacciatori in questi attivi, come noto, non è richiesta alcuna iscrizione ad ATC o CA.
· il riferimento all’impiego delle “Polizie regionali” non ha riferimenti alla L. 65/86 perché non previste in tale norma in quanto le Regioni non sono enti locali.
Andrebbe preventivamente modificata a tal scopo la L. 65/89.
· il ricorso nel controllo faunistico anche ai “proprietari o conduttori dei fondi si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l’esercizio venatorio” senza disporre per questi l’obbligatorietà di percorsi di formazione e abilitazione come, invece, previsto per i cacciatori, rappresenta un’imparzialità che limita l’efficacia di detta attività perché da un lato, viene realizzata da personale volontario formato proveniente dal mondo venatorio, dall’altro, di personale senza alcun tipo di formazione e quindi di preparazione e competenza specifica alla realizzazione dei piani di controllo.
– Comma 4 dell’Art. 19 L. 157/92:
· il generico riferimento alla destinazione dei capi abbattuti in attività di controllo al “consumo alimentare” non risolve l’annoso tema della proprietà e del successivo utilizzo della fauna selvatica abbattuta in controllo (NB: il controllo è attività pubblica gestita per delega dalle Regioni, ne deriva che la proprietà della fauna abbattuta sia delle medesime Regioni, ivi compresi gli eventuali proventi economici derivanti da un suo utilizzo alimentare). Inoltre, detta disposizione generica limita lo sviluppo di filiere economiche delle carni di selvaggina su scala regionale e locale che in una disposizione più dettagliata della destinazione d’uso delle carni di selvaggina abbattuta in controllo, avrebbero potuto virtuosamente rappresentare anche un bacino non trascurabile di contributo economico, sia per l’attività volontaria prestata dal mondo agricolo e venatorio al controllo faunistico, sia per l’integrazione al reddito agricolo nelle aree interessate al controllo faunistico stesso.
· La disposizione non colma il vuoto normativo relativo alla standardizzazione delle procedure di ispezione sanitaria delle carni di selvaggina, ad oggi estremamente diseguali tra le regioni. Si ritiene necessario un ancoraggio alla normativa sanitaria che regolamenta la fatti specie.
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