Con un'interrogazione a risposta scritta depositata mercoledì 22 febbraio, il deputato della Lega Francesco Bruzzone ha chiesto chiarezza al Ministro dell'Agricoltura sull'annosa questione della detenzione di uccelli da richiamo da parte dei cacciatori. In particolare si chiede al Ministro di chiarire la differenza tra la detenzione di un uccello selvatico e uno nato in cattività.
"Anche la Corte di Cassazione riconosce che la fauna allevata è di proprietà dell'allevatore o detentore e non può essere definita di provenienza selvatica" commenta Bruzzone sollecitando una giusta interpretazione per risolvere i tanti dubbi che si sono creati in materia di richiami vivi.
Qui di seguito il testo dell'interrogazione:
Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali - Per sapere - premesso che:
in Italia l'attività di allevamento di esemplari faunistici a scopo di ripopolamento amatoriale, ornamentale viene praticata generalmente in forma di impresa agricola o privata; gli animali allevati oggetto di selezione artificiale in allevamento captivo vengono poi liberati se trattasi di selvaggina da ripopolamento o utilizzati come richiami nel caso di uccelli appartenenti a specie cacciabile;
secondo l'attuale giurisprudenza, la fauna allevata a scopo di ripopolamento, una volta liberata in natura, acquisendo lo stato di naturale libertà, potrebbe essere ricompresa nel regime giuridico della fauna selvatica;
diversamente, gli esemplari allevati e detenuti a scopo amatoriale ed ornamentale o utilizzati come richiami, passano la propria vita in cattività, non essendo concessa la loro liberazione in natura, in quanto il pericolo sarebbe quello di contaminare geneticamente le popolazioni selvatiche, mettendo a rischio la conservazione delle specie d'origine, come avvenuto nel caso del colombo selvatico che ha subito l'ibridazione nel tempo con il piccione torraiolo, di origine domestica, o come potrebbe avvenire nel caso del lupo, che può accoppiarsi con iol cane dando origine a ibridi fertili;
la giurisprudenza in materia ha colmato il vuoto normativo circa la classificazione delle specie allevate a fenotipo ancestrale (esemplari le cui caratteristiche morfologiche esterne, sono simili agli esemplari selvatici), in quanto difettava di un chiaro distinguo normativo;
tale distinzione appare importante e necessaria per gli allevatori, al fine di definire con certezza lo status giuridico degli animali allevati (fauna selvatica -proprietà indisponibile dello Stato, fauna allevata, proprietà dell'allevatore / detentore), che torva di fatto diretto riscontro nella giurisprudenza in materia (Cass. Sex III Sent. n. 18893 dd. 13/05/2011, Cass. Sez. IV Sent. n. 3062 dd. 26/09/97, Cass. Sez. III Sent. n. 8877 dd. 08/05/97) e fornirebbe, quindi, un'utile indicazione al fine di uniformare e/o aggiornare coerentemente la normativa in materia;
infatti, le suddette sentenze hanno statuito che per "esemplari di specie selvatica ci si intende riferire ad esemplari di origine selvatica, mentre laddove si tratti di animali di prima generazione nati in cattività questi non possono più essere definiti di provenienza selvatica";
si chiede, se non ritenga opportuno chiarire la tematica di cui alle premesse, recependo gli indirizzi della giurisprudenza, differenziando, anche ai fini dell'utilizzo, le specie di origine selvatica da quelle di allevamento da una o più generazioni.
FRANCESCO BRUZZONE
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