Durante il recente convegno sul valore economico della caccia, organizzato al Senato da Federcaccia e Nomisma (vedasi comunicato), sono intervenuti a vario titolo i diversi portatori di interesse a conferma dell'intenzione annunciata da Fidc di chiudere la stagione dello scontro ideologico e di tenere conto di varie sensibilità per ottenere finalmente la giusta considerazione nella società. Abbiamo sentito parole innovative, ammissioni plateali e positive sull'utilità della caccia anche da chi siamo abituati a percepire come soggetti contrapposti (ambientalisti ed Ispra).
Oltre al Sottosegretario Patrizio Giacomo La Pietra, - che ha confermato la linea chiara e decisa del Governo sulla necessità di abbattere le specie in esubero e dannose - , sono infatti intervenuti il Presidente di Coldiretti Ettore Prandini, il Presidente di Legambiente Antonino Morabito e il Responsabile Fauna selvatica Ispra, Piero Genovesi.
Prandini ha insistito sulla necessità di inquadrare l'apporto positivo della caccia, evidenziando come negli ultimi decenni la contrapposizione caccia sì caccia no abbia fatto solo danni al Paese in termini economici e ambientali. Poi, come anche hanno fatto anche Genovesi e Morabito, ha richiamato la necessità di una caccia sempre più responsabile e inserita a pieno titolo nella società dato il suo valore in termini di servizi ecosistemici.
Come fare? Il vero scoglio è una percezione distorta da parte dell'opinione pubblica. Durante la presentazione delle slide della ricerca di Nomisma, come abbiamo visto, è infatti emersa una percezione generalmente negativa del cacciatore italiano, dovuta in primis ad una grande ignoranza da parte dei cittadini sulle regole esistenti e su quanto fanno di positivo i cacciatori sul territorio, nonchè sull'effettiva sostenibilità della caccia (aperta ovviamente solo per pochi mesi all'anno e rivolta solo a specie in buono stato conservativo, cosa che la maggior parte della gente non sa).
Per cambiare la percezione degli italiani, e qui Genovesi ha riportato l'esempio della Svezia dove c'è una considerazione molto positiva dei cacciatori, occorre però anche fare di più, incrementando la vigilanza contro il bracconaggio ed educando i praticanti. Su questo punto ha particolarmente insistito Antonino Morabito, che non ha perso occasione per osservare che in Italia alcune specie dovrebbero essere escluse dal novero di quelle cacciabili (allodola per esempio) ma che ha anche tranquillamente ammesso la propria adesione alle operazioni di controllo e di eradicazione delle specie non vocate in determinati territori, portando l'esempio del cinghiale all'Elba.
Il richiamo ai calendari venatori ha servito un assist del Presidente Fidc Massimo Buconi, che ha approfittato per parlare di "istituti influenzati e ingabbiati da indirizzi e ideologie", chiedendo che lo Stato ridefinisca le regole, con apposita riforma, rispetto alle questioni di ricerca scientifica e Ispra. A tal proposito ha ricordato che attualmente l'applicazione del principio di precauzione spesso rivendicato davanti ai Tar, si deve ad una carenza di studi per chiara volontà politica, arrivando al paradosso che per i Tar circolari e pareri assumano poi valore di legge. Sta ora allo Stato attrezzarsi per colmare questo gap, raccogliendo finalmente i dati necessari per i pareri sui calendari e informare correttamente i cittadini.
Una presa di posizione interessante. L'argomento della riforma dell'Ispra verso pareri scevri da ideologie sta diventando ricorrente ed è spesso stato portato nei vari convivi dal Governo stesso. L'imperativo ora è smettere di indietreggiare sulle lecite rivendicazioni che i cacciatori italiani portano avanti da almeno due decenni.
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