La considerazione della caccia, come abbiamo visto anche dal sondaggio Nomisma, è strettamente connessa alle informazioni reali acquisite dall’opinione pubblica. In Italia quanti si dichiarano contrari molto spesso ammettono di non conoscerla, ma di essere contrari per partito preso.
Abbiamo anche visto come questo fenomeno vada via via scemando in quei paesi UE in cui la caccia è integrata nel tessuto sociale, e dove i media ne parlano in toni positivi e divulgativi. Infine abbiamo avanzato l’ipotesi che, al di là delle colpe dei cacciatori e delle loro associazioni negli ultimi anni, una parte di responsabilità ce l’abbiano proprio gli amministratori pubblici, non avendo nel corso degli anni mai messo in campo iniziative strutturate per incrementarne la conoscenza e per facilitare l’accettazione di questa pratica di pubblica utilità.
Torniamo a dare uno sguardo a ciò che succede all’estero. Ancora in Danimarca (dove, come sappiamo il 90% della popolazione si dice favorevole alla caccia), scopriamo che il 9 per cento delle tasse provenienti dalle licenze di caccia (in tutto circa 15 milioni di euro), vengono reinvestiti dallo Stato nella voce di bilancio “Conoscenza della caccia, consulenza sulla caccia e diffusione della conoscenza”. Si tratta di circa 1 milione e 400 mila euro l’anno investiti tra l’altro in parte per la rivista scientifica che si occupa di pubblicare articoli di valore scientifico sull’avifauna a livello nazionale e internazionale.
Le restanti quote vanno all’amministrazione legale (6%) e amministrazione delle licenze (14%), alle prove e all’addestramento dei cacciatori (16%), alla gestione della fauna (45%), alla ricerca scientifica (11%)
Redazione Big Hunter. Avviso ai commentatori
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