Il 22 marzo di ogni anno si celebra la Giornata mondiale dell’acqua (World Water Day), ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1992. Anche in questo come in molti altri temi ambientali i cacciatori portano avanti un silenzioso ma importantissimo impegno.
“L’acqua è vita”, uno slogan fin troppo utilizzato, ma poco compreso e soprattutto poco applicato. Nel contesto del riscaldamento globale, assistiamo da anni a fenomeni di siccità, accompagnati da alluvioni e bombe d’acqua, con le conseguenze nefaste che ormai vediamo frequentemente. L’impermeabilizzazione dei terreni, conseguenza del consumo del suolo agricolo e naturale, la cementificazione dei corsi d’acqua, la mancanza in molte aree delle “casse di espansione” dei fiumi portano all’impoverimento idrico dei suoli e all’avanzamento del cuneo salino nelle aree costiere. La scomparsa delle zone umide, in particolare quelle dei litorali, aumenta questo fenomeno, facilitando la desertificazione dei terreni e aumentando quindi la domanda d’acqua per usi agricoli e consumo umano.
Riportiamo due frasi tratte dal sito web del prestigioso ente Wetlands International, che rendono chiaro il problema e la necessità di intervenire: “Le zone umide coprono una piccola percentuale della superficie terrestre, eppure sono sistemi essenziali: sono le arterie e le vene del paesaggio. Sono ricche di natura e vitali per la vita umana.
Sono fonti d'acqua e depuratori. Proteggono le nostre coste. Sono i più grandi depositi naturali di carbonio del pianeta. Sono fondamentali per l'agricoltura e la pesca. Un mondo senza zone umide è un mondo senza acqua”.
“La domanda di acqua cresce a un ritmo più che doppio rispetto all'aumento della popolazione. La competizione tra l'acqua per il consumo umano, l'agricoltura e l'energia si sta intensificando. Migliorando la condivisione dell'acqua e ripristinando le zone umide, è possibile salvaguardare le riserve idriche”.
Quale è il ruolo dei cacciatori in questo quadro? Nessuna categoria di persone ha contribuito maggiormente in forma privata come i cacciatori al ripristino e alla conservazione delle zone umide in Italia e nel mondo. Pensiamo all’associazione americana Ducks Unlimited che negli Stati Uniti ha ripristinato e gestisce decine di migliaia di ettari di zone umide.
In Italia un’indagine di ACMA-Federcaccia ha dimostrato che in 4 regioni italiane i cacciatori hanno ripristinato o conservano 24.384 ettari di zone umide, fra valli di caccia e appostamenti fissi di caccia su laghi artificiali. Una rete di ecosistemi funzionali alla sosta, alimentazione, riproduzione di migliaia di uccelli acquatici e una risorsa idrica per varie specie animali e che contrasta i fenomeni estremi di siccità e piogge torrenziali.
Un esempio evidente sono le valli di caccia della Laguna di Venezia e del Delta del Po, ambienti costieri dove la conservazione degli habitat naturali a fini venatori permette la presenza di riserve di acqua dolce-salmastra, prevenendo l’inerbimento e la scomparsa delle aree umide.
Federcaccia auspica che i governi italiani, europei e mondiali attuino una politica di conservazione delle risorse idriche, che contempli l’arresto del consumo di suolo e della cementificazione dei corsi d’acqua, il ripristino delle zone umide con un maggior riconoscimento del ruolo della caccia nella conservazione di questi ambienti essenziali e il coinvolgimento dei cacciatori in queste azioni.
Ufficio Stampa Federazione Italiana della Caccia