E' stato presentato oggi, lunedì 8 maggio a Perugia un manifesto sottoscritto da Confagricoltura ed EPS Umbria. Il documento si concentra sulla tutela dell'attività economica agrosilvopastorale dall'esplosione demografica della fauna selvatica, per un riequilibrio delle specie selvatiche, per una piena valorizzazione delle riserve venatorie e per la tutela del diritto di godimento del proprietario conduttore, dei frutti dei fondi rurali e forestali dei quali dispone.
Il manifesto chiede un positivo dialogo con la pubblica amministrazione ma anche con tutti i soggetti interessati nell'interesse generale dell'agricoltura, dell'economia rurale e della promozione della comunità regionale. In particolare, si chiede un costante controllo e contenimento della fauna selvatica, soprattutto della specie cinghiale, per limitare i danni alle coltivazioni e ai pascoli. Gli agricoltori chiedono che le specie rientrino entro limiti demografici sostenibili per poter esercitare il loro diritto di coltivare, allevare e creare economia con le loro produzioni. Il proliferare di ungulati come cinghiale, capriolo, daino e di altre specie critiche (corvidi, nutrie, ecc…) è una problematica molto sentita che mette a rischio anche la biodiversità a causa del proliferare di alcune specie a causa di altre.
Dopo che il Governo nazionale ha di recente modificato l’art. 19 della Legge n. 157/1992 rafforzando gli strumenti di contenimento della fauna selvatica, soprattutto della specie cinghiale, Confagricoltura Umbria ed EPS Umbria (Ente Produttori Selvaggina) sollecitano la Regione Umbria ad avviare rapidamente i processi di aggiornamento normativo per consentire un percorso di adeguamento e, dove necessario, di modifica, visto che in Umbria i singoli piani di controllo vengono attivati periodicamente.
Fabio Rossi, presidente Confagricoltura Umbria, e Alessandro Monacelli, presidente EPS Umbria affermano che “è quindi urgente anche lo studio delle migliori esperienze attuate in altre regioni per adattarle al caso umbro, rivedendo leggi e regolamenti. È necessario studiare e replicare quelle esperienze normative e applicative che hanno avviato una strada di inversione di tendenza con decisione e perseveranza”.
“I cinghiali in Umbria hanno raggiunto una popolazione fuori controllo di 150mila – ha aggiunto Monacelli – e gli abbattimenti fatti durante la stagione di caccia non sono più sufficienti. Proponiamo quindi delle soluzioni attraverso un contratto di rete che punta a mettere d’accordo tutti gli operatori del settore”.
Per Confagricoltura ed EPS è necessario riperimetrare le aree vocate e non vocate per la specie cinghiale prevedendo che tutti i territori caratterizzati dalla presenza di colture agricole, di attività zootecniche, agrituristiche e ricettive, oltre alle aree urbane e periurbane siano ricomprese in aree non vocate. È necessario, inoltre, predisporre una normativa per lo sviluppo della filiera di carne di selvaggina affinché la gestione degli ungulati non sia più solo uno strumento di prevenzione e riduzione dei danni alle colture ma anche un’opportunità economica per la sostenibilità del reddito delle aziende agricole.
Di contro le riserve venatorie vengono viste come uno strumento importante ancora non adeguatamente valorizzato, luoghi dove i concessionari sono nelle condizioni di poter attuare piani in grado di gestire e mantenere in equilibrio le specie selvatiche. Un ruolo che deve essere riconosciuto secondo le organizzazioni.
Confagricoltura Umbria ed Eps Umbria, in linea con il livello nazionale, sono quindi pronte a mettere in atto qualsiasi iniziativa necessaria per affermare il ruolo strategico delle aziende agricole e delle aziende faunistico-venatorie e agrituristico-venatorie nella tutela dell’ambiente, della biodiversità per il mantenimento degli ecosistemi della fauna e della flora, in maniera compatibile con le attività agricole.
A tal fine Confagricoltura Umbria ed Eps Umbria, ritengono assolutamente necessario raggiungere i seguenti obiettivi:
- Tutelare il diritto dell’imprenditore agricolo alla produzione dei prodotti agricoli vegetali e animali;
- Affermare l’utilità delle aziende agricole, delle aziende faunistico venatorie e agrituristico venatorie come strumento di presidio e gestione del territorio, consentendo la valorizzazione diretta da parte dei proprietari conduttori o dei concessionari della cacciagione, ma anche dei prodotti del bosco e sottobosco (funghi, tartufi, ecc) come fonte legittima di reddito e di sostenibilità ambientale del territorio;
- Promuovere l’istituzione di nuove AFV e AATV fino al raggiungimento dei limiti territoriali previsti dall’art. 10 comma 5 Legge 11 febbraio 1992 n. 157 (in Umbria 13% previsti – attuali 8%);
- Promuovere nelle sedi istituzionali l’estensione della durata delle concessioni rilasciate per le AFV e AATV (dagli attuali 5 anni a 10 anni);
- Eliminare dalla normativa regionale l’obbligo del corridoio di 500 metri tra due istituti sia pubblici che privati (es. tra una ZRC esistente ed una nuova AATV o AFV) come in molte altre regioni italiane;
- Ottenere la concessione al prelievo delle specie migratorie anche all’interno delle AFV della Regione Umbria come previsto in tutto il territorio nazionale;
- Semplificare le procedure per il rilascio delle autorizzazioni per il contenimento delle specie critiche (cinghiale, volpi, corvidi, ecc);
- Promuovere l’attivazione di misure nell’ambito del PSR per le AFV e AATV per la realizzazione di interventi di miglioramento ambientale e per la gestione del territorio e della fauna;
- Promuovere forme di collaborazione sul territorio tra proprietari e cacciatori al fine di perseguire l’obiettivo comune di una riduzione demografica delle specie dannose per l’agricoltura.