Sono in molti a chiedere che lo storno torni ad essere cacciabile in Italia. Lo chiedono in primis gli agricoltori, i cui raccolti di olive e frutta spesso vengono ridotti al minimo e ai quali non vengono corrisposti rimborsi sufficienti a coprire i mancati guadagni. Ma la questione è assai complessa e di difficile soluzione. Anzitutto, allo stato attuale delle norme in vigore, lo storno non può essere inserito dalle Regioni in calendario venatorio. Su questo non ci piove. Anche se la specie è abbondante e assolutamente in salute in Italia, la Direttiva Uccelli lo cita nell’allegato II, tra le specie per le quali il prelievo è limitato in specifici Paesi, tra cui l’Italia.
Tre anni fa un’interrogazione dell’europarlamentare Susanna Ceccardi aveva chiesto un parere alla Commissione proprio su questo tema, sottolineando che lo storno risulta in buona salute in Italia (classificato con “minima preoccupazione”) e chiedendo dunque la modifica di quell’allegato. La risposta del Commissario Sinkevičius in quell’occasione è stata lapidaria: “Conformemente alle conclusioni del vaglio dell'adeguatezza delle direttive Natura, la Commissione non prevede di modificare la lista delle specie cacciabili che figura negli allegati della direttiva Uccelli. Secondo i dati più recenti, la popolazione di storno in Europa è in diminuzione. La Commissione ritiene che la caccia generalizzata a questa specie non sia la soluzione per far fronte ai danni agricoli menzionati dall'onorevole deputata”.
Per conto della Commissione Sinkevičius ha evidenziato che le autorità nazionali hanno a disposizione diverse soluzioni per i danni all’agricoltura, dovendo dare priorità ai metodi di controllo non letali, per esempio l'uso di reti, repellenti, dispositivi di allontanamento visivi o sistemi acustici e ricordando che laddove la specie non è cacciabile, ai sensi della Direttiva Uccelli, è possibile ricorrere alle deroghe previste all’articolo 9 della Direttiva.
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