Se si parla di alta cucina legata alla selvaggina, non si può non citare Igles Corelli. Chef pluristellato, è tra i primi grandi maestri della cucina italiana ad aver sperimentato con la selvaggina, portandola nell’alta ristorazione in un'epoca in cui a cucinarla erano solo trattorie con cotture tradizionali.
Con il suo Trigabolo, storico ristorante di Argenta famoso per la "caccia", è entrato nella mitologia della ristorazione nazionale valorizzando anatidi soprattutto, elementi caratterizzanti di un territorio fatto di acqua e nebbia, stagni e canali. A questa materia prima Corelli continua ad essere profondamente legato, supportando negli anni le varie iniziative partite dal mondo venatorio.
In una recentissima intervista, pubblicata dal sito Ilforchettiere.it, spiega come sta cambiando l'approccio verso la selvaggina e perché si sta assistendo a un ritorno deciso della caccia nelle cucine di alto livello. Nonostante il trend della cucina vegetale, molti chef stellati - spiega - stanno utilizzando sempre più la selvaggina nelle loro preparazioni, riconoscendone il valore aggiunto.
I piatti riguardano soprattutto capriolo, colombaccio, germano, lepre e daino ma Corelli suggerisce che gli anatidi e i rallidi potrebbero essere protagonisti di una riscoperta. Cita Marco Cahssai, Maria Grazia Soncini e Philippe Léveillé tra i più bravi del momento.
"Se la cucina di caccia vuole smettere di essere una nicchia e allargare il suo spazio, anche in funzione di limitare il numero degli ungulati presenti nelle nostre campagne - spiega Corelli - , ha tutta le caratteristiche per farlo. Ma perché ciò avvenga i giovani chef devono imparare a macellare e cuocere questi tipi di carne, e in questo momento non vedo in giro grandi maestri: come detto, tanti scelgono di dedicarsi alla cucina green e stanno tralasciando materie prime meno semplici da cucinare. Ci vorrebbe un’intera generazione di cuochi, e in quella attuale vedo segnali interessanti, che riscopra la caccia e le dia più spazio sui menù. Sono certo che inizieranno a tirar fuori piatti notevoli. Certo, per convincere i giovani clienti a scegliere la cacciagione a scapito di carni più mainstream, il valore aggiunto è sempre l’oste: è a lui che spetta stimolare il cliente ad assaggiare determinati piatti. Basta iniziare: se la proponi e la sai rendere importante, la cucina di caccia piace. Oggi è tutta questione di offrire una visione della propria cucina: se riesci a convincere un nuovo cliente, questo continuerà ad assaggiare la selvaggina".