Negli scorsi giorni, dopo un avviso alla prudenza da parte del mondo venatorio unito (Cabina di Regia) sul tema delle munizioni al piombo nelle zone umide, si è acceso un intenso dibattito tra i cacciatori. C'è chi si sente tranquillo dopo la circolare Ministeriale di febbraio scorso, senza però considerare che la situazione è tutt'altro che chiara.
E' previsto per oggi 4 settembre un incontro tra le associazioni venatorie nazionali e il Ministero su questo argomento, su cui ricordiamo, a luglio scorso è arrivata anche una richiesta di spiegazioni all'Italia dall'UE che mira ad indagare il contrasto con il Regolamento Europeo che ha introdotto il divieto di uso contenente piombo in tutte le zone umide degli Stati Membri, e non solo nelle zone di maggior pregio (Ramsar, Natura 2000, Oasi di protezione).
In attesa di questa riunione è dunque stata chiesta prudenza, invitando i cacciatori ad evitare di avere con sé munizioni contenenti piombo in prossimità (100 metri) da ogni bacino idrico di qualunque natura e dimensione, almeno fino a quando non ci sia una zonizzazione chiara o indicazioni e soprattutto provvedimenti certi da parte delle Regioni.
Interviene intanto anche Lorenzo Bertacchi, Presidente di Fidc Lombardia e avvocato, sottolineando che "le circolari ministeriali non hanno valore di legge (mentre il Regolamento Europeo sì, e non deve nemmeno essere recepito formalmente come invece avviene per Direttive)".
E cosa dice il Regolamento?
“11.Dopo il 15 febbraio 2023, all’interno di zone umide o a non oltre 100 metri da esse è vietato svolgere le seguenti attività: a) sparare munizioni contenenti una concentrazione di piombo (espressa in metallo) uguale o superiore all’1 % in peso; b) portare con sé munizioni di tale tipo quando si svolge attività di tiro in zone umide, ci si sta recando a svolgere attività di tiro in zone umide o si rientra dopo aver svolto tale attività.2
…
13. Ai fini dei paragrafi 11 e 12, valgono le seguenti definizioni:
a) «zone umide», superfici di paludi, pantani e torbiere o distese d’acqua naturali o artificiali, permanenti o temporanee, in cui l’acqua è stagnante o corrente, dolce, salmastra o salata, comprese le distese di acqua marina la cui profondità non supera i sei metri durante la bassa marea;
b) «munizioni», pallini utilizzati in una singola carica o cartuccia di fucile da caccia, o per i quali sia previsto tale utilizzo;
c) «fucile da caccia», un’arma a canna liscia non ad aria compressa; d) «svolgere attività di tiro», sparare colpi con un fucile da caccia;
e) «portare con sé», avere indosso o appresso oppure trasportare con altri mezzi;
f) per stabilire se una persona trovata con munizioni porta con sé tali munizioni «nell’ambito dello svolgimento di attività di tiro»: i) occorre tenere conto di tutte le circostanze del caso;
ii) la persona che viene trovata con le munizioni non deve necessariamente essere la stessa persona che svolge l’attività di tiro.”
"Che le zone umide ai fini del divieto dell’uso del piombo non siano solo le zone classificate Ramsar o le zone umide ricadenti in Rete Natura 2000 - spiega il Presidente di Fidc Lombardia - , lo dice senza mezzi termini la Commissione nella richiesta Eupilot 2023/10542 (arrivata a luglio 2023) in cui ricorda, purtroppo, che: “… il Regolamento 2021/57 si attiene alla definizione esauriente di “zona umida” utilizzata dalla Convenzione Ramsar, che comprende tutti i tipi di zone umide, temporanee o permanenti, indipendentemente dalla loro designazione o ubicazione in un’area Ramsar (Zone Umide di Importanza Internazionale), un sito Natura 2000, una riserva naturale o un’oasi protetta. La definizione di “zone umide” nel Regolamento include in particolare le aree che sono parzialmente o totalmente asciutte in certi periodi dell’anno”.
"Premesso che non può certo considerarsi zona umida una pozzanghera lasciata dalla pioggia, o finanche un allagamento a seguito di gravi fenomeni temporaleschi, urgono chiarimenti univoci da parte del Governo da trasfondere in provvedimenti legislativi certi e vincolanti: non solo per i cacciatori, ma anche per la vigilanza e i Tribunali" scrive Bertacchi, evidenziando che "il Governo potrebbe dare qualche indicazione chiara individuando come zone umide quelle che creano l’habitat di zona umida, magari indicando certe caratteristiche tipiche delle zone fluviali e lacustri, in modo da escludere chiaramente ad esempio i bacini imbriferi minori e certe infrastrutture che di certo non creano un habitat definibile “zona umida” come chiunque lo intenderebbe, ovvero un habitat con caratteristiche tipiche e specifiche per cui non basta un rigagnolo p un torrente per creare una zona umida".
"E il chiarimento univoco (e legislativo) - sostiene Bertacchi - serve anche in ordine alle sanzioni applicabili a chi violi il Regolamento. L’aspetto sanzionatorio infatti è rimesso agli Stati Membri e, senza sanzione specifica, i Tribunali potrebbero provare ad applicare sanzioni relative all’uso di mezzi vietati o a fenomeni di inquinamento".
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