Ripartono gli abbattimenti dei cervi nel territorio del Parco Nazionale dello Stelvio, parte trentina, decisi un anno fa da una delibera del consiglio Provinciale, in accordo con l'ente Parco al fine di "mitigare e ridurre gli squilibri ecologici causati dalla sovrabbondanza di questa specie". Sul proprio sito, il Parco spiega che il sovrannumero dei cervi sta creando seri problemi per la biodiversità e per la tenuta degli ecosistemi. I cervo occupa l'areale di altre specie di ungulati, come il camoscio e il capriolo, e crea danni alla vegetazione.
Sono stati autorizzati 180 abbattimenti, in linea con il "Piano di conservazione e gestione del cervo 2022-2026" , che prevede il coinvolgimento di un centinaio di cacciatori della val di Sole, formati dall'Accademia Ambiente, Foreste e Fauna della Fondazione Edmund Mach. I cacciatori dunque hanno ottenuto la qualifica di "coadiuvante alle attività di controllo del cervo" e sono autorizzati a sparare all'interno dei confini del Parco.
E' questo in particolare che ha mandato su tutte le furie gli animalisti dell'Enpa che in queste ore stanno gridando allo scandalo per la possibilità, offerta ai coadiutori, di accaparrarsi le prede con uno sconto speciale. I cervi abbattuti vengono infatti venduti ai privati e i cacciatori hanno diritto di prelazione su due terzi dei capi abbattuti. Il prezzo della carne parte da 3,5 euro al chilo, con uno sconto/incentivo per chi effettuerà il prelievo di organi necessari per campionamenti biometrici.
Si tratta di un intervento sperimentale che prevede l'abbattimento di 180 cervi all'anno per i primi due anni, seguito da un aumento a 400 cervi all'anno nei tre anni successivi, fino a mantenere una popolazione di circa 900 esemplari all'interno dell'area protetta.
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