Un piano emergenziale straordinario per tornare ad un equilibrio virtuoso riducendo il numero di ungulati che devastano le campagne e causano milioni di euro di danni alle coltivazioni, ridefinizione dei confini delle zone non vocate a tutte le aree coltivate, risarcimenti e non indennizzi. Gli agricoltori chiedono di cambiare approccio su specie come cinghiali, caprioli, daini e piccioni proponendo una riflessione sulla legge 3 sulla protezione della fauna selvatica ed il prelievo venatorio per renderla più aderente al nuovo scenario, molto diverso rispetto a quello di trent’anni fa quando fu recepita, e di affrontare la discussione sul nuovo piano faunistico con un approccio più equilibrato perché “si sentono parte della scenografia e non attori della dinamica venatoria”.
Sono tre le “mosse” presentate da Coldiretti Toscana e AB Agrivenatoria Biodiversitalia in occasione dell’incontro che si è tenuto venerdì 12 gennaio nell’Auditorium Spadolini di Palazzo del Pegaso a Firenze. E’ stata la presidente regionale, Letizia Cesani ad illustrarle alla platea (tutti esauriti i posti a disposizione). “La proposta di revisione del piano faunistico venatorio che sarà discussa nelle prossime settimane da ancora per scontato che ci si trovi in una situazione di equilibrio faunistico ma così non è. Il quadro è profondamente mutato. Il numero di ungulati è fuori controllo, i cacciatori sono sempre meno. – ha spiegato la presidente regionale di Coldiretti – L’emergenza ungulati è considerata, al pari dei cambiamenti climatici, la principale criticità che minaccia la sopravvivenza delle aziende costrette ad abbandonare le nostre montagne e le nostre campagne perché fare agricoltura, in quel contesto, non è economicamente sostenibile. E se non c’è sostenibilità le aziende muoiono con tutto ciò che ne consegue in termini di perdita di biodiversità, paesaggio, cura del territorio, sicurezza idrogeologica. Le nostre coltivazioni sono diventate il farmer market di cinghiali, daini, caprioli e piccioni ed i nostri campi sono stati ricoperti da chilometri di recinzioni semplicemente per non cambiare la prospettiva attraverso la quale fino ad oggi si è osservata e gestita la fauna selvatica. Gli agricoltori devono essere attori ed interpreti delle strategie venatorie future e non più spettatori. E’ questo lo sforzo ed il coraggio che chiediamo alle istituzioni senza nulla togliere al ruolo fondamentale del cacciatore che riconosciamo e rispettiamo. Noi, che rappresentiamo il mondo agricolo, siamo pronti a fare la nostra parte”.
Le proposte. Una situazione di emergenza va affrontata con strumenti e soluzioni di emergenza. Il collo di bottiglia è normativo ed è rappresentato dalla legge 3. “La possibile revisione della legge 3 va vista come una opportunità prevedono la possibilità di effettuare gli interventi di controllo anche nelle aree protette e nelle aree urbane anche quando la caccia è chiusa oltre a piani di abbattimento straordinari”. La seconda proposta è una rivoluzione in termini concettuali: “Dove ci sono le coltivazioni, che sono facilmente individuabili attraverso la banca dati di Artea, gli ungulati non devono stare. – ha spiegato la presidente Cesani – E’ necessario un segnale forte da parte delle istituzioni individuando come zone non vocate alla presenza degli ungulati tutte le aree coltivate”. Il terzo punto riguarda il tema degli indennizzi e dell’iter che devono affrontare per denunciare i danni. “Le denunce non sono in diminuzione perché ci sono meno ungulati in giro. – ha spiegato ancora la presidente di Coldiretti Toscana – Gli agricoltori preferiscono non denunciare a fronte di indennizzi inadeguati, aggravi burocratici e tempistiche inaccettabili. Per questo i venti milioni di danni denunciati in dieci anni non sono realistici. Più che indennizzo dovremo parlare di rimborso”.
“Agricoltura e caccia sono due mondi che sono stati ingiustamente in conflitto. Occorre cambiare paradigma perché le sentinelle del territorio che sono i cacciatori devono lavorare insieme ai custodi del territorio che sono gli agricoltori. – ha detto Niccolò Sacchetti,Presidente AB Agrivenatoria Biodiversitalia – La nostra associazione, che rappresenta le aziende faunistico venatorie, è sicuramente un modello da cui attingere esperienze. Un modello di gestione della caccia dove la gestione della fauna selvatica è strettamente legata alla sostenibilità e alla tutela e promozione della diversità che passa anche attraverso la manutenzione delle aree e la raccolta dei prodotti spontanei”. Per Stefano Masini, Responsabile Area Ambiente Coldiretti Nazionale “occorre cambiare la cultura che ha generato l’impianto normativo in vigore. Solo un’agricoltura che produce fa bene all’ambiente. Se non c’è redditività non andiamo avanti”.
I danni. Sono oltre 20 milioni i danni denunciati alle coltivazioni dagli ungulati in tutta la regione. La principale calamità è rappresentata dai cinghiali con l’80% dei danni complessivi seguita da caprioli e daini. Sono complessivamente 400 mila gli ungulati nelle campagne: 200 cinghiali, 160 mila caprioli, 7.000 daini e 6.000 cervi (dati Regione Toscana). Ai primi posti tra le coltivazioni preferite e quindi più danneggiate c’è l’uva, poi i campi di mais e cereali, sia nella fase di semina che maturazione, il favino e le erbe mediche utilizzate per l’allevamento del bestiame. Ma vanno pazzi anche per lenticchie e legumi, farro ed orzo, castagne ed ortaggi a pieno campo per finire con le piante del bosco e le coltivazioni di girasole.
All’incontro, moderato dal direttore regionale di Coldiretti, Angelo Corsetti, hanno partecipato Antonio Mazzeo (Presidente del Consiglio Regionale Toscana), Riccardo Burresi (Segreteria Vice Presidente Stefania Saccardi), Niccolò Sacchetti (Presidente AB-Agrivenatoria Biodiversitalia), Paolo Banti (Consigliere Nazionale AB-Agrivenatoria Biodiversitalia), Marco Ferretti (Ufficio regionale Caccia), Stefano Masini (Responsabile Area Ambiente Coldiretti Nazionale).