Sabato 24 marzo su Rai3 è andata in onda una nuova puntata della trasmissione Indovina chi viene a cena, condotta da Sabrina Giannini. La caccia e i cacciatori, come ben sappiamo, sono temi che la conduttrice tratta quasi ossessivamente, con un approccio sicuramente più da attivista che da giornalista.
Questa sua propensione dà sempre il solito taglio ai servizi. Il tema viene trattato a senso unico, senza il minimo contraddittorio, in maniera solo ed esclusivamente accusatoria e partendo da una tesi precostituita, il che evita ogni possibile sfumatura e assurge a verità delle convinzioni personali. In questo modo non si danno gli strumenti agli ascoltatori per farsi un'opinione quanto più possibile realistica e oggettiva, ma si fa della mera propaganda ideologica. Ciò che a nostro avviso non dovrebbe mai accadere nella tv pubblica, pagata dai cittadini, tutti i cittadini, cacciatori compresi (che versano fior fior di tasse), attraverso il canone.
Nonostante la puntata fosse dedicata ai Parchi e alle aree protette, un argomento che avrebbe potuto toccare almeno in parte le gestioni fallimentari degli anni passati a fronte di enormi esborsi di denaro pubblico, ci si è concentrati sulle nuove cariche politiche per la direzione dei Parchi regionali, sottolineando con sospetto le nomine di personaggi che hanno un passato da cacciatori.
Non è mancato il riferimento al tema dei richiami vivi, in particolare sulle nuove norme di Regione Lombardia "incredibilmente non impugnate dal Governo" ha detto Giannini, che altro non sarebbero che un aiuto per i cacciatori-bracconieri a contraffare i richiami provenienti da catture illegali. Accuse pesanti che avrebbero almeno meritato un minimo di approfondimento e di contraddittorio. La soluzione? Per la Giannini "basterebbe vietare la caccia con l'uso degli uccelli da richiamo che questi cacciatori mettono negli appostamenti dove cantano, anzi - ha detto - urlano di disperazione". La giornalista ha citato anche la procedura di infrazione aperta sul regolamento anti piombo nelle zone umide, dopo recente modifica delle norme sulla caccia approvate dal Governo Meloni. Anche qui un'altra pesante accusa: "Ora possiamo comprendere perché Pietro fiocchi è un deputato del partito del Presidente del Consiglio, produttore di munizioni al piombo per la caccia per la guerra". "Ancora una volta vuol dire che anziché proteggere la natura, noi paghiamo lo stipendio a chi va contro l'articolo 9 della Costituzione". Anche qui è stata data un'informazione non corretta. Sarebbe stato il caso di fare cenno al fatto che l'eurodeputato di Fratelli d'Italia già da tempo non ricopre incarichi all'interno dell'azienda.
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