La Lav esulta per il risultato ottenuto dall'Italia nell'indagine commissionata da Eurogroup for animals all'istituto Savanta e realizzato a novembre scorso su un campione di cittadini che vivono nelle aree rurali, evidenziando che l'83% degli italiani (il più alto dato tra tutti i Paesi) sia contrario alla caccia. Tralasciando il primato italiano, segno evidente non certo del fatto che siamo più sensibili o intelligenti, ma probabilmente solo più assuefatti al pensiero animalista, occorre precisare che quella percentuale non significa che gli intervistati siano contrari alla caccia come interpretato dalla Lav, ma siano semplicemente favorevoli alla possibilità di utilizzare metodi incruenti per la gestione dei selvatici (questa era la domanda). In generale analizzando tutti i quesiti si coglie facilmente la fuffa in tali sbandierati traguardi.
La serietà di un sondaggio rivolto all'opinione pubblica, infatti, si qualifica anche dal modo in cui vengono poste le domande. Se per esempio si chiede ai cittadini se siano d'accordo sull'affermazione "I metodi di caccia che causano inutili sofferenze agli animali dovrebbero essere aboliti", sfidiamo chiunque, cacciatori compresi, a rispondere negativamente. La domanda è subdola perchè contiene già il giudizio "inutili sofferenze", affermando implicitamente che esistano forme di caccia legali che siano vere e proprie sevizie per gli animali e dimenticando del tutto che esiste un'etica della caccia, che sempre di più e sempre meglio, persegue l'obiettivo di ridurre al minimo ogni sofferenza.
Segue un'altra affermazione "La protezione della biodiversità e del benessere animale è più importante del mantenimento delle tradizioni venatorie". Anche qui si parte dal preconcetto, istillato nell'interlocutore, che la caccia sia un pericolo per la biodiversità e che le due cose siano in antitesi. Cosa assolutamente falsa.
L'apoteosi della demagogia si ha poi con la seguente affermazione "Ogni animale è un essere senziente che ha bisogno di essere protetto", a cui segue "Metodi efficaci di gestione della fauna selvatica non letali e umani dovrebbero essere studiati e attuati", ovvero il quesito di cui sopra, interpretato dalla Lav come contrarietà assoluta alla caccia.
Anche qui, tutti d'accordo, ovviamente. In un mondo ideale, chi non vorrebbe risolvere i problemi di gestione faunistica con metodi non letali? Peccato che al momento non esistano soluzioni di questo tipo e che gli studi su contesti di larga scala si fermino praticamente sempre, dopo enorme sperpero di denaro pubblico, di fronte a ostacoli di varia natura (oltre ai costi elevati, problemi per danni collaterali agli animali e all'ambiente).
Come già abbiamo visto in altre occasioni, la percezione dell'opinione pubblica sulla caccia cambia drasticamente al variare dalle conoscenze dei cittadini sulle regole che esistono e che determinano l'attività dei cacciatori. Anche in questa occasione si distinguono i cittadini dei Paesi nordici, dove la caccia è culturalmente accettata perchè conosciuta anche nei molteplici aspetti positivi, grazie all'impegno delle organizzazioni venatorie e degli amministratori pubblici (che non si piegano al volere animalista). Danimarca, Paesi Bassi e Svezia mostrano anche in questa occasione un profondo legame con le tradizioni venatorie. I Paesi Bassi, in particolare, è il Paese dove più persone si sentono al sicuro durante la stagione di caccia.
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