Federcaccia torna sulla notizia di qualche giorno fa che ha visto il Tar dell'Emilia Romagna respingere il ricorso di una proprietaria terriera che pretendeva di veder riconosciuta la sua "obiezione di coscienza" escludendo i terreni di sua proprietà dall'attività venatoria. La decisione del Tar, passata sotto silenzio totale degli ambientalisti e animalisti, secondo Fidc, merita essere oggetto di ulteriori riflessioni.
Il Tar infatti ha sancito che la caccia non è da ritenersi meramente “ricreativa” ma persegue le finalità di difesa degli ecosistemi, dell’agricoltura nonché della salute e della incolumità pubblica. "Così correttamente inquadrata la funzione pubblica della caccia, il suo esercizio non può essere ostacolato da chi, proprietario di terreni, si opponga all’attività venatoria per ragioni puramente etiche compromettendo interessi pubblici che trovano supreme garanzie nell’art. 2 (dovere di solidarietà), nell’art. 9 (tutela dell’ambiente), nell’art. 42 (funzione sociale della proprietà) – e aggiungiamo noi anche nell’art. 32 visto l’espandersi della peste suina (diritto alla salute) – della nostra Carta costituzionale" scrive Fidc.
Sostiene dunque l'associazione venatoria: "È arrivato il momento di definitivamente riconoscere che i cacciatori, con la loro preziosa attività svolta durante tutto l’arco dell’anno a titolo gratuito in favore dell’intera comunità, sono davvero le sentinelle del territorio e contribuiscono in maniera determinante alla tutela del paesaggio e dell’ambiente curandone le caratteristiche e le memorie storiche, ma altresì mantenendo la giusta densità della fauna selvatica sul territorio a tutela delle produzioni agricole e dell’incolumità pubblica secondo precauzionali criteri di pianificazione dell’attività venatoria che rispondono all’effettiva esigenza della conservazione delle specie selvatiche anche nell’interesse delle future generazioni".
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