Nuovo capitolo della saga sulla vicenda giudiziaria che ha portato Roberto Baggio a difendere il suo onor proprio, di cittadino e di cacciatore, scalfito nuovamente da manifesti accusatori da parte di un noto gruppo di animalisti veneti.
L’ultima udienza, dopo le due condanne già arrivate in direzione dell’imputato Paolo Mocavero, è stata in questi giorni al Tribunale di Verona, dove, come sempre, il “Divin codino” si è presentato di persona, firmando autografi e facendosi selfie con avvocati e cancellieri, per ribadire che non ci sta ad essere attaccato per la sua passione venatoria, sottolineando che a caccia ci va da almeno trent’anni, da quando da ragazzo condivise la passione con il padre, e che in questo non c'è nulla di male.
“Ci vado perché mi piace mangiare selvaggina, c’è una legge che regolamenta il numero massimo di capi che si possono abbattere e stendere per terra gli animali uccisi credo sia un’abitudine di molti ma non mia”, puntualizza Baggio, evidenziando l’insensato accostamento tra la sua immagine e le foto di carnieri generosi pubblicate nei manifesti affissi nel 2022 all’aeroporto Catullo di Verona al suo ritorno dall’Argentina, oggetto del dibattimento.
A novembre 2023 per Mocavero era già arrivata la condanna per diffamazione a otto mesi, più il pagamento di dieci mila euro, per aver chiamato “assassino” il Pallone d’oro, durante un’intervento alla trasmissione Radiofonica La Zanzara. La Giudice Francesca Cavazza ha ascoltato le dichiarazioni e le testimonianze nell’ambito di questo nuovo dibattimento in cui Mocavero con la sua associazione, risulta essere di nuovo accusato di diffamazione. Presto il verdetto.