L'Agenzia delle Entrate ha respinto la richiesta di ridurre l'aliquota Iva per le cessioni di fauna selvatica destinata all'attività venatoria per le imprese agricole che svolgono attività faunistico-venatorie.
Con la risposta n. 6/2024, la Direzione Centrale Piccole e Medie Imprese dell’Agenzia delle Entrate ha fornito un chiarimento richiesto dall'’Associazione Alfa, che rappresenta diversi imprenditori agricoli, secondo la quale le cessioni di fauna selvatica destinata prima all’attività venatoria e successivamente all'alimentazione dei cacciatori, dovrebbe essere soggetta ad aliquota IVA ridotta del 10%. L'Associazione ha sostenuto che, poiché la selvaggina abbattuta è destinata all'alimentazione del cacciatore, tale cessione sarebbe assimilabile a quelle di altri animali destinati al consumo umano.
Il parere dell'Agenzia delle Entrate
L’Agenzia ha respinto la soluzione interpretativa proposta dall'Associazione, affermando che la cessione di fauna selvatica destinata all'attività venatoria non può beneficiare dell’aliquota IVA agevolata del 10% perchè la destinazione all'alimentazione umana non è sempre determinabile al momento dell'acquisto da parte delle aziende agricole, poiché la fauna può essere impiegata sia per attività di ripopolamento ambientale che per scopi venatori.
L'aliquota era stata ridotta in maniera temporanea durante l'emergenza Covid, solo per il periodo tra il 25 luglio e il 31 dicembre 2021. Questa deroga, tuttavia, è cessata e dal 1° gennaio 2022, alle cessioni di animali per finalità venatorie si applica nuovamente l'aliquota IVA ordinaria del 22%.
A meno di eventuali modifiche legislative future, la cessione di fauna selvatica per attività venatorie rimane dunque soggetta all’aliquota IVA ordinaria del 22%.