Una sentenza destinata a far discutere arriva dal Tribunale di Brindisi, che ha assolto due cacciatori accusati di esercizio venatorio in area protetta non tabellata, stabilendo che il fatto non costituisce reato.
La vicenda, che risale al settembre 2021, ha visto i due imputati contestati ai sensi dell’articolo 30, comma 1, lettera d) della Legge 157/92, per aver praticato la caccia in una zona vietata dal Piano Faunistico Venatorio della Regione Puglia, precisamente nella località "Cillarese" (Brindisi). La denuncia aveva portato al sequestro delle armi e delle munizioni dei cacciatori, avviando un iter giudiziario lungo e complesso.
Il Pubblico Ministero aveva richiesto la condanna a quattro mesi di arresto e una multa di 1.000 euro per ciascun imputato. Tuttavia, la difesa, guidata dall'Avvocato Giuseppe De Bartolomeo del foro di Lecce, ha dimostrato l’insussistenza del reato. Attraverso prove documentali e testimonianze a discarico, l’avvocato ha evidenziato come l’area in questione non fosse adeguatamente segnalata come protetta, elemento indispensabile per rendere opponibile il divieto ai trasgressori.
Il Giudice Leonardo Convertini ha accolto pienamente la tesi difensiva, chiarendo nelle motivazioni della sentenza che, in assenza di segnalazioni visibili (come previsto dall’articolo 10 della Legge 157/92), il divieto di caccia non può essere considerato noto al cacciatore. In tal caso, è onere dell’accusa dimostrare che l’imputato fosse comunque consapevole della proibizione.
“Un precedente importante” L’Avv. De Bartolomeo ha espresso grande soddisfazione per l’assoluzione dei suoi assistiti, sottolineando come la sentenza rappresenti un punto di svolta: “Questa pronuncia pone un freno alle contestazioni illegittime in aree prive di tabellazione, responsabilità che ricade sugli enti pubblici. Ora spetta all’accusa provare la consapevolezza del cacciatore, segnando un importante cambiamento rispetto all’orientamento passato.”