Sabato 21 dicembre si è tenuto il Consiglio Nazionale di Arci Caccia, durante il quale sono stati affrontati numerosi temi di rilievo per il futuro dell’associazione. Tra i punti principali all’ordine del giorno, l’approvazione del Bilancio di Previsione 2025 e della relazione di indirizzo politico presentata dal Presidente, che ha delineato le priorità strategiche per i prossimi anni.
Particolare soddisfazione è stata espressa per il positivo andamento del tesseramento, che registra un’ottima performance nelle regioni del Sud e una sostanziale stabilità nel Centro-Nord. Tuttavia, non sono mancate riflessioni sulle problematiche legate alla diffusione della Peste Suina Africana (PSA), fenomeno che sta avendo un impatto sempre più rilevante sul settore.
Il Presidente ha sottolineato la necessità di adottare comportamenti responsabili per contrastare la diffusione del virus e preservare gli equilibri faunistici. Un altro tema centrale è stato il pluralismo associativo, con riferimento alla recente sentenza del TAR Calabria e al rinvio alla Corte Costituzionale del contenzioso abruzzese. Questi sviluppi rappresentano, secondo il Presidente, importanti passi avanti nella lotta contro l’esclusione delle associazioni minori dagli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC) e contro il monopolio delle realtà maggioritarie.
Durante l’assemblea, i consiglieri hanno evidenziato la necessità di promuovere un modello di caccia basato sulla sostenibilit�e sulla dimensione sociale della pratica venatoria. Il rilancio della piccola selvaggina stanziale e una più stretta collaborazione con il mondo agricolo sono stati indicati come obiettivi fondamentali, con un netto rifiuto di approcci privatistici che rischierebbero di snaturare il settore.
Preoccupazioni sono state espresse anche in merito alle recenti modifiche normative alla legge 157/92, in particolare alla disposizione che prevede il ripristino del calendario venatorio dell’anno precedente in caso di sospensiva. Secondo Maffei, questa misura pone dubbi di applicabilità e rischi per la gestione venatoria, data l’obsolescenza di dati e parametri utilizzati nei calendari scaduti. "I Calendari sono delibere regionali con una scadenza, difficile far rientrare in vigore un atto scaduto - si legge nel comunicato Arci Caccia -. I ricorsi impugnano parti del Calendario e non tutto l’atto, che viene approvato in base a dati specifici per l’anno in corso. Può stare in piedi la sostituzione con l’atto dell’anno precedente? visto che i ricorsi arrivano annualmente siamo sicuri che il calendario che rientra in vigore non sia peggiore di quello impugnato nell’anno in corso?".