
Arci Caccia Umbria riaccende il dibattito sulla questione della sospensione del Calendario Venatorio. Una situazione che, secondo l'associazione, si deve al lontano recepimento della normativa europea (legge comunitaria del 2010) che vietò la caccia durante la nidificazione e il ritorno al luogo di nidificazione e che negli anni, scrive Arci, ha causato una crescente instabilità normativa.
“Chi allora sosteneva che il recepimento avrebbe portato più specie e più tempi di caccia si sbagliava” dichiara Arci Caccia. “Da allora i calendari sono stati continuamente impugnati, con meno specie e meno giornate di caccia a disposizione.”
Arci Caccia non risparmia critiche alle altre associazioni venatorie che hanno sostenuto posizioni definite "demagogiche" e che, a detta dell’associazione, hanno aggravato la situazione. “Chi ha spinto per un calendario irrealizzabile si è reso responsabile del disastro annunciato,” sottolinea.
L'associazione umbra invita il neo assessore regionale a cambiare approccio, puntando su una visione moderna e sostenibile della caccia. Tra le proposte principali: Piani di gestione per specie in declino come tortora e allodola, in linea con le richieste dell’Unione Europea; una maggiore autonomia e funzionalità degli ATC (Ambiti Territoriali di Caccia) come motore della gestione faunistica; un ritorno alla ricerca faunistica tramite ISPRA e osservatori faunistici regionali, per evitare che l’assenza di dati scientifici favorisca decisioni basate sul “principio di massima precauzione”; un confronto costruttivo con il mondo ambientalista, per uscire dall’isolamento e ritrovare un equilibrio tra caccia e conservazione.
Arci Caccia ribadisce il suo impegno per una caccia etica e sostenibile, che rispetti l’ambiente e sia compatibile con le esigenze di conservazione della fauna. “Non vogliamo parlare alla pancia dei cacciatori, ma difendere la caccia in modo responsabile. È tempo di cambiare pagina e scrivere una nuova storia per la caccia in Umbria.”