In un comunicato congiunto diramato ieri 18 agosto, le associazioni Lac Piemonte, Pro Natura Torino, Lav ed Enpa, protestano contro i piani di abbattimento degli ungulati per la stagione 2009 – 2010 approvati dalla regione Piemonte il 28 luglio scorso e partiti lunedì scorso con la caccia al capriolo.
Gli animalisti in particolare se la prendono con l'aumento dei capi da abbattere (345 in più complessivamente rispetto al 2008), tanto da definire la caccia di selezione “un'autentica mattanza”, autorizzata “per compiacere le brame venatorie di una categoria minoritaria nella popolazione, i cacciatori, e giustificata anche con la finalità di limitare i danni alle colture, in totale spregio di metodi alternativi ed incruenti da sempre proposti dalle associazioni ambientaliste”.
Il mondo ambientalista è pieno di contraddizioni irrisolte, le associazioni di cui sopra arrivano infatti ad affermare che la selezione estiva sarebbe inutile perchè “i posti vacanti lasciati dagli animali uccisi sono prontamente rimpiazzati dai nuovi nati che trovano sul territorio maggiore disponibilità di spazio e cibo”. Quanti nuovi nati in più ci sarebbero se la selezione non venisse attuata? E quali sarebbero i "metodi alternativi ed incruenti", l'uso di contraccettivi e la detenzione dei selvatici in gabbie che spesso si rivelano più letali dei colpi di fucile? Dove verrebbero poi immessi i caprioli, daini, cervi e cinghiali catturati? Vorremmo risposte precise oltre ai soliti proclami di facile effetto sull'opinione pubblica e sui media.
Sotto accusa anche le disposizioni di legge che permettono la selezione estiva in deroga alla legislazione regionale, secondo gli animalisti del tutto prive di ragione logica “se non quella di consentire ai cacciatori di poter esporre un trofeo di maggior pregio”.
“La Giunta regionale – conclude il comunicato - persevera nel compiacere le richieste del mondo venatorio in totale spregio delle istanze delle associazioni animaliste ed ambientaliste, portatrici di interessi e sensibilità largamente diffusi nella popolazione, che chiedono maggiore rispetto per la natura e per gli animali e che il tema della convivenza degli animali selvatici su un territorio fortemente antropizzato non sia sempre risolto a colpi di fucile”. Evidentemente, aggiungiamo noi, un'amministrazione pubblica deve basare i suoi interventi su metodi scientifici per il bene collettivo, al di là di “sensibilità diffuse” dettate da irrazionali istinti protettivi.