Non è uno scherzo, anche se la cosa fa davvero sorridere. Il diritto di non mangiare o cucinare carne è oggetto di un disegno di legge bipartisan alla Camera ideato da un'associazione animalista ben nota, la Lav e firmata da otto deputati, divisi a parimerito tra centro- destra e centro – sinistra (4 del Pdl e 4 del Pd).
Il ddl mira a tutelare, in via preferenziale, le scelte alimentari vegetariana e vegana cercando di imporle per legge all'interno del campo della ristorazione. Ciò avverrebbe a partire dalla formazione degli aspiranti cuochi che per motivi etici o religiosi potranno opporsi “alla violenza su tutti gli esseri viventi” e rifiutare le lezioni didattiche che hanno per oggetto alimenti animali, seguendo in alternativa appositi corsi di gastronomia vegetariana e vegana, che dovranno essre previsti obbligatoriamente nei programmi didattici delle scuole alberghiere.
Tra i contenuti del testo c'è inoltre quello di prevedere menù vegetariani e vegani in tutti gli esercizi pubblici, così come in tutte le mense, scolastiche e non in alternativa ai piatti a base di carne e pesce. Per la mancata applicazione di queste disposizioni sono previste sanzioni da 3 a 18 mila euro e la sospensione della licenza di esercizio per trenta giorni lavorativi, con possibilità di inasprimento in caso di recidiva.
Non ci vuole un genio per capire che se una legge del genere dovesse essere approvata manderebbe nel caos l'intero settore della ristorazione. Basti pensare che per i piatti vegani tutti gli ingredienti dovranno essere esclusivamente di origine vegetale e che, sempre secondo i contenuti del ddl per quanto riguarda la scelta vegetariana le stesse uova dovranno provenire da galline allevate con metodi biologici o all'aperto.
Per non parlare poi delle conseguenze sociali e culturali di una tale imposizione verso i ristoratori, esagerata nei contenuti e sintomo di un animalismo impazzito che tenta di estendere la sua sfera d'influenza a colpi di legge. Siamo al paradosso.