La presidente della Confederazione delle Associazioni Venatorie Italiane, Maria Cristina Caretta, intervistata da Alfonso Maria Fimiani, dirigente nazionale di Fare Ambiente – Movimento ecologista europeo, dipinge un quadro piuttosto preoccupante rispetto alla percezione della caccia nel nostro Paese: “il problema caccia in Italia viene affrontato con troppa emotività e con poca razionalità” osserva la Caretta sollecitata dai dati portati da Fimiani: nella nostra Penisola i vegetariani rappresentano non più del 10 per cento della popolazione, gli onnivori sono, si presume almeno l'80 per cento del totale ma la stragrande maggioranza di questi si dichiara anticaccia.
Secondo il presidente di Confavi l'Italia da questo punto di vista è un'anomalia europea, “per effetto di decenni di disinformazione - osserva Caretta - e di approccio demagogico del tema, l'attività venatoria viene dipinta come un'attività negativa, più portata a distruggere che a gestire e quindi a conservare il patrimonio faunistico”.
A questo si aggiunge un'ipocrisia di fondo “molti di coloro che inorridiscono all'idea di uccidere un animale selvatico, rimangono indifferenti all'idea di vedere ucciso un animale da allevamento, quasi come se un animale allevato avesse meno diritto di vivere di un animale selvatico”.
Anche se poi finora i referendum hanno finora detto il contrario: “dimostrazione inequivocabile – ricorda Maria Cristina Caretta - che alla stragrande maggioranza dell'opinione pubblica interessa solamente che questa attività primordiale venga esercitata nel rispetto delle normative vigenti e senza danneggiare il patrimonio faunistico ed ambientale”.
Questione ben diversa è per la figura del bracconiere “chi non conosce, o chi é in malafede, é portato a confondere il cacciatore con il bracconiere, non sapendo o facendo finta di non sapere che il bracconiere é il peggior nemico del cacciatore perché con la sua azione criminale il bracconiere infanga l'immagine del cacciatore”.
A questo clima di caccia alle streghe, la Caretta attribuisce in parte la diminuzione del popolo dei cacciatori: “considerando che l'attività venatoria in Italia é normata dalla legge più restrittiva d'Europa, molti dei cacciatori che praticavano la loro attività nel nostro Paese, hanno preferito spostarsi per cacciare in altri paesi d'Europa, dove il rispetto e la considerazione che si ha per la caccia e per i cacciatori é notevolmente migliore rispetto a quella riservata a questa attività nel nostro Paese. Ma la causa principale che ha portato al dimezzamento dei cacciatori in Italia é stato l'attacco sferrato dagli animal-ambientalisti direttamente al vivaio del mondo venatorio, impedendo di fatto il ricambio generazionale del mondo venatorio”. Fenomeno che avviene in particolare nelle scuole “dove i bambini sono sottoposti a continui pressioni psicologiche ad opera di insegnanti prevenuti ed ideologicamente orientati, ha fatto si che le giovani generazioni fossero condizionate negativamente nei confronti dell'attività venatoria e di chi la pratica”.
La battaglia della caccia deve essere combattuta soprattutto sul piano mediatico e comunicativo. “Le associazioni venatorie – sostiene Maria Cristina Caretta - hanno responsabilità gravissime nel non avere saputo investire le loro risorse, umane e finanziarie, per creare un giusto rapporto con i mezzi di informazione”.
Mentre alcune associazioni ambientaliste, più vicine ai movimenti europei hanno un rapporto propositivo con la caccia (Fare Ambiente in primis) trovando con essa un percorso comune nella lotta al degrado ambientale, per altre, non è così. “A certi presunti ambientalisti – osserva la presidente di Confavi - non interessa la conservazione del patrimonio faunistico ed ambientale. A loro non interessa regolamentare la caccia: la voglio semplicemente abolire”.
La Caretta ha poi toccato uno dei punti più dibattuti da tempo dalla caccia italiana, quello della riforma della legge sulla caccia. “La 157/92 – ricorda la Maria Cristina Caretta - era stata preparata in previsione che gli anticaccia vincessero la consultazione referendaria del 1990, prevedendo dei contenuti fortemente penalizzanti per il mondo venatorio italiano”. Motivo per cui, sostiene Caretta, In Italia si ha la legge sulla caccia più restrittiva d'Europa.
Riguardo alle modifiche in Parlamento, il testo relazionato dal Senatore Orsi per la Caretta ha in parte accolto la proposta dall''On. Sergio Berlato, supportata lo scorso anno da una petizione popolare promossa dalla stessa Confavi ed in seguito, ha avuto la sottoscrizione della quasi totalità delle associazioni venatorie italiane, di gran parte del mondo agricolo e della parte “intelligente” del mondo ambientalista (FareAmbiente, Ambiente e/è Vita, Wilderness ed altre ancora.
“Ecco perché ci attendiamo che il Parlamento approvi presto queste modifiche alla 157/92, - osserva il Presidente di Confavi - perché su queste modifiche abbiamo potuto registrare la significativa convergenza di tutti quei mondi che sono quotidianamente chiamati a gestire il patrimonio faunistico ed ambientale, nell'interesse dell'intera collettività”.