Una recente sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la normativa regionale che costituisce il Parco delle Alpi Marittime nelle parti in cui permetteva la disapplicazione del divieto di caccia nella zona protetta. I sette comuni della provincia di Imperia (Pigna, Rocchetta Nervina, Triora, Montegrosso Pian Latte, Mendatica, Rezzo e Cosio d'Arroscia) che avevano aderito a quel progetto hanno così annunciato la propria probabile uscita dal Parco, che potrà avvenire già entro 10 giorni.
Per scongiurare questa ipotesi e discutere sulle eventuali contromisure da prendere in seguito alla sentenza, si è tenuto un incontro tra i rappresentanti della Provincia, i sindaci dei Comuni, i presidenti delle Comunità montane e del Comprensorio Alpino e i rappresentanti delle associazioni venatorie. Il problema verrà discusso nei prossimi giorni anche dalla Regione.
“L'assenso a classificare le aree individuate come “paesaggio protetto” - hanno osservato durante l'incontro l'assessore alla Caccia Ballestra, l'assessore all'Ambiente Porro e il presidente del Parco Alpi Marittime Lanteri - era stato dato proprio dai Comuni, attirati dai finanziamenti che ne sarebbero derivati. Il rovescio della medaglia si è rivelato inaspettatamente oscuro. I patti erano chiari, almeno nell'idea generale degli amministratori imperiesi: la limitazione alla caccia non era certo messa in conto, così come si voleva garantire ai Comuni la possibilità di decidere autonomamente per lo sfruttamento proprio territorio (diritto ad edificare compreso). Ora i patti sono stati rotti e quindi anche i Comuni non sono tenuti a rispettarli”
Il presidente provinciale Gianni Giuliano ha ricordato che anche in caso di modifica della legge costitutiva del Parco per almeno due mesi i cacciatori non potranno svolgere la caccia nelle aree divenute protette, senza incorrere in una denuncia penale. Perciò i sindaci si vedono costretti ad interrompere la trattativa: due mesi senza caccia sarebbero un disastro - è stato detto - con 13 squadre di cacciatori di cinghiali che non saprebbero dove andare e dovrebbero litigarsi i posti residui. E gli animali crescerebbero a dismisura con gravi danni ai terreni.
“Due le strade da seguire - hanno ribadito Alesandro Alessandri e il consigliere comunale sanremese Giuseppe Leuzzi (intervenuto in veste di cacciatore) - o chiedere l'abrogazione della legge 34 costitutiva del Parco, quindi uscire dal progetto, oppure chiedere la modifica della classificazione delle aree come “paesaggio protetto”. Questa seconda opzione, più morbida, potrebbe però essere insufficiente poiché il Parco è nato proprio per essere un'area con paesaggio protetto, quindi verrebbero meno i suoi presupposti di base. Sembra indispensabile uscire dal Parco, per poi riprogettare tutto, tenendo conto degli interessi dei Comuni, dei privati e delle varie categorie, tra cui i cacciatori”.
(Riviera 24)