Ci risiamo. La caccia è un argomento considerato out dalla tv nazionale, tant'è che quando Rai e Mediaset toccano fugacemente la questione, lo fanno immancabilmente cadendo in luoghi comuni e dichiarazioni azzardate che molto si avvicinano a quelle più becere e faziose degli anticaccia, evitando accuratamente di dare spazio e parola alle ragioni della controparte offesa e denigrata.
Basterebbe raccontare fatti e non arrampicarsi su articolate tesi che tentano di descrivere il popolo dei cacciatori come una massa di squilibrati e incoscienti cittadini. E' successo due giorni fa su Rai Uno, di nuovo.
Il conduttore di Occhio alla Spesa, Alessandro Di Pietro, nella rubrica Te le mando a dire ha rivangato un fatto di cronaca locale di poche settimane fa certamente molto grave anche a nostro giudizio: una signora è stata colpita da una rosa di pallini nel giardino della sua abitazione in provincia di Treviso, a causa di uno sparo di un cacciatore che, ha raccontato Di Pietro, cercava di mirare “pensate un po', a un povero merlo”.
Allargando poi l'episodio alla situazione nazionale, il conduttore ha parlato di 32 morti e 65 feriti nella scorsa stagione venatoria per incidenti di caccia, portando in tv ancora una volta (è di pochi mesi fa la smentita del Tg5 per aver diffuso cifre falsate passate dall'Enpa) dati che non corrispondono alla verità perchè gonfiati con incidenti di altra natura che con la caccia hanno poco o nulla a che vedere.
Ma Di Pietro non si ferma qui e dall'alto di non si sa quale pulpito, emette la sua sentenza: “La colpa di tutto questo è l'imperizia, l'inesperienza - Dice in diretta tv -. Ma attenzione – aggiunge - c'è un motivo che segnalo alle opportune autorità: forse non a caso la maggior parte di questi cacciatori non ha nemmeno superato l'esame attitudinale”. “La stragrande maggioranza dei cacciatori – spiega il conduttore - ha una licenza di caccia rinnovata di anno in anno che è stata presa prima del 1977, quando uscì questa legge che introduceva l'esame attitudinale ai cacciatori, quindi la stragrande maggioranza dei cacciatori è tale solo per l'esperienza e non per aver superato un apposito esame che gli mette in mano un'arma che può uccidere”.
Pur condannando fermamente un comportamento irresponsabile come quello dell'episodio raccontato, non possiamo tacere di fronte alla conclusione lanciata dal conduttore di Rai Uno. Vero che molti non sono stati sottoposti all'esame attitudinale, perchè divenuti cacciatori in un tempo in cui certe regole “attitudinali” erano tramandate di generazione in generazione. Dobbiamo però ricordare a questi “tuttologi” che i cacciatori, tutti, rinnovano per legge la propria licenza di caccia ogni 6 anni, superando un'accurata visita psico – attitudinale che ne certifica la buona salute (fisica e mentale) e passando dall'ufficio della Questura, a cui è affidato il compito di valutare il rinnovo, concesso solo se non vi è alcuna pendenza a carico del richiedente. E se ciò non bastasse, dal 1977 ad oggi sono passati 32 anni, l'esperienza è ancora un valore?