Di assurdità animaliste ne abbiamo sentite tante e ancora molte ne sentiremo in futuro. Ma non possiamo lasciare passare sotto silenzio la frase pronunciata due giorni fa dal Ministro al Turismo Michela Vittoria Brambilla, che contro il taglio della coda sui cani, ha candidamente affermato “se il problema è dei cani che vanno a caccia, basta non andare a caccia”.
Crediamo che un Ministro della Repubblica non debba permettersi un ragionamento così “leggero” ed ignorare che questa filosofia porti alla negazione di principi su cui l'uomo basa il suo rapporto con il mondo animale da tempi remotissimi e su cui di conseguenza si è sviluppata la stessa civiltà umana.
Alla Brambilla bisogna ricordare che il cane è il miglior amico dell'uomo perchè quest'ultimo ha saputo trarne vantaggi per il proprio lavoro ed ha quindi creato lo sterminato numero di razze che conosciamo, adattate per aiutarci a svolgere molteplici attività.
Il lavoro del cane a caccia in questo senso è certamente rapportabile a quello svolto dai cavalli, animali molto amati dalla Brambilla che ne possiede alcuni nella sua tenuta e che lei stessa ha cavalcato, almeno in gioventù, come si apprende dalle immagini pubblicate sul sito personale della ministra.
Se alla signora Brambilla aborrisce la sola idea che ad un cane da caccia possa essere tagliata la coda per salvarlo da alcune patologie, forse perchè considera la caccia un'attività inutile e prettamente ludica, ci deve spiegare perchè non contempla come “maltrattamenti” le violenze fisiche e psicologiche necessarie alla doma di un cavallo, anch'esso ormai allevato per lo più per attività sportive e ricreative antropocentriche.
Briglie, speroni e ferri non sono paragonabili agli interventi sulla coda dei cani? Il cavallo si sottopone alla cura degli uomini (e si fa cavalcare) solo dopo aver subito una serie di pressioni basate sul disagio psichico dell'animale. Altrimenti non potremmo avvicinarci a loro, nemmeno per poterli accarezzare, come piace fare al ministro del Turismo.
Posto che non abbiamo niente da obiettare sulla passione della signora Brambilla per cavalli e altri animali, forse è il caso che lei stessa ammetta di nutrire un odio viscerale per la caccia frutto di considerazioni del tutto personali che poco hanno a che fare con la realtà dei fatti e soprattutto con l'istituzione che rappresenta. Ammetta pure la propria avversione per la pratica venatoria ma si astenga dall'argomentarla con principi che lei stessa contraddice.
Se per non tagliare la coda al cane basta non andare a caccia, per non creare alcun disagio al cavallo (che è un animale per natura egoista e assolutamente disinteressato alle attenzioni dell'uomo) basterebbe lasciarlo allo stato brado, senza cavalcarlo, ministro Brambilla.