Che il destino delle deroghe del Veneto dopo quello che è successo in consiglio regionale non sarebbe stato spensierato, ce lo avevano detto l'assessore Donazzan, che già mesi fa si era detta disposta a intervenire sistematicamente con lo strumento della delibera di giunta – come poi ha fatto – e l'onorevole Sergio Berlato, il quale anche all'approvazione di quest'ultimo provvedimento (caccia in deroga a storno e peppola dal 25 novembre al 31 gennaio) è tornato a ribadire che data la situazione “più di così oggettivamente non si poteva fare”.
Ma le continue interruzioni dovute all'accoglimento delle istanze anticaccia da parte del Tar (tre volte di seguito) hanno un tantino esasperato gli animi. Soprattutto dalla parte animalista, che alza progressivamente il tiro contro la caccia e la giunta veneta. Come annunciato Lac, Enpa, Lav, Legambiente, Lipu e Wwf hanno infatti depositato alla Procura della Repubblica di Venezia una denuncia in merito alle tre delibere, ritenute illegittime.
L'ennesimo stop, anche se la sentenza definitiva non è ancora stata emessa dal Tar ma rimandata al 17 dicembre, ha rinvigorito anche Zanoni che usa ormai termini sempre più concitati: "abbiamo salvato da un autentico massacro, per la terza volta consecutiva in meno di un mese, migliaia di peppole e storni. - esulta il presidente della Lac veneta - Spero che dopo questa terza bocciatura i cacciatori si rendano conto una volta per tutte che la caccia in deroga è illegale”.
Zanoni insiste sul fatto che le deroghe sono previste dalla direttiva comunitaria solo in casi eccezionali e mai per la caccia, pertanto, secondo il rappresentante della Lac “serve urgentemente una legge che preveda di imputare i costi di queste delibere illegali direttamente ai loro promotori”.
Il presidente della Lega per l'Abolizione della Caccia può obiettare sul metodo di applicazione del regime di deroga nel caso del Veneto ma occoorre anche ricodare che la Commissione Europea ha recentemente riconosciuto, per quanto riguarda lo storno, che un grosso contingente della popolazione europea nidifica stabilmente in Italia, come si evince dal nutrito carteggio fra Commissione europea e direzione generale del Ministero Agricoltura, e che dimostra incontrovertibilmente che lo strumento delle deroghe in quanto tale è pienamente legittimo e che il punto di vista del ministero sulla consistenza di certe popolazioni ornitiche diverge diametralmente da quello dell’ineffabile Zanoni, che imperterrito – trovando inusitate sponde anche nel TAR – insiste a profferire tesi pellegrine.
Ovviamente l'argomento è ben più complesso ed effettivamente sul nostro paese gravano procedimenti di infrazione alla Direttiva Uccelli, ma è un dato di fatto che l'Europa – e anche l’Italia - ha ancora molto da lavorare sull'applicabilità dei principi espressi nella stessa.