Ogni anno aumentano le specie considerate in situazioni di sofferenza (per il consistente calo numerico delle popolazione o il repentino cambiamento dei loro habitat e delle loro abitudini), spesso gli allarmi degli animalisti tirano in ballo la caccia come concausa determinante alla prossima estinzione e sempre più spesso si dimenticano di menzionare altri fattori deleteri e davvero incisivi su tutte le specie animali e vegetali.
L'impatto urbanistico sul territorio, la scomparsa degli habitat ideali e l'intervento evidente dell'uomo attraverso modelli agricoli di tipo intensivo sono soltanto un lato della medaglia. Dall'altra parte pesano come un macigno, soprattutto per l'avifauna migratoria, le immissioni di gas tossici nell'atmosfera ed i conseguenti cambiamenti sul clima.
A dirlo è stato anche questa mattina il presidente onorario del Wwf Fulco Pratesi, che intervistato dal Tg1 in occasione della Conferenza di Copenaghen, riguardo ai rischi per il mondo animale ha dichiarato: “Secondo gli scienziati più accreditati circa il 99 per cento dei rischi per le specie vicine all'estinzione sono attribuibili alle miliardi di tonnellate di carbonio che l'uomo scarica nell'atmosfera da molti anni ormai. Questo ha effetti devastanti per specie considerate all'apice di queste difficoltà come l'orso polare, i pinguini e le barriere coralline”.
Per Pratesi occorre un impegno concreto e serio per “salvare la biodiversità del pianeta da questa alluvione, questo tzunami che altrimenti porterà molte specie ai limiti dell'estinzione entro i prossimi anni attraverso un documento che impegni tutti i governi a ridurre le emissioni”. E' l'unica speranza per sopravvivere, conclude il noto ambientalista.
Oggi più che mai la caccia deve essere coinvolta in questo tipo di discorsi, occorre trovare soluzioni comuni e largamente condivise per promuovere una nuova cultura ambientalista che riesca a guardare al fulcro delle problematiche, nell'interesse dell'ambiente e di tutti noi.