La caccia richiede uno stretto contatto con la natura “una simbiosi viscerale con i ritmi e i fenomeni naturali”, così Federica Ricci, a capo dei giovani di Fare Ambiente sintetizza l'interdipendenza tra l'attività venatoria e l'ambiente, indicando proprio nella caccia un punto di riferimento per la tutela delle risorse ambientali.
“La caccia oggi non è più prelievo indiscriminato, non è più un’esigenza alimentare, ma passione e sport”, sottolinea la Ricci nell'editoriale pubblicato oggi dal quotidiano l'Opinione -. L'attività venatoria da un punto di vista antropologico è un micromondo capace di cambiare mentalità e presupposti in base alla cultura in cui si sviluppa e in cui viene praticata, ciò avviene sempre secondo due principi cardine: da una parte il tentativo dell'uomo di “mettere ordine nella selva”, ossia di trarne benefici senza creare danni ma dall'altra anche quello della contemplare la natura, le sue magie e i suoi abitanti, da cui ne deriva uno sfruttamento razionale delle potenzialità produttive della fauna selvatica.
Ma essere cacciatori oggi, all’inizio del terzo millennio cosa significa? Se da un lato si parla di aggregazione sociale, dall’altra si può parlare di coscienza del territorio. Dall'approvazione della legge quadro sulla caccia, la 157/92, il cacciatore grazie ad Atc e Ca é legato al suo territorio e dunque invitato a proteggerlo e a migliorarlo.
“Il cacciatore diviene il primo vero ambientalista nella società odierna – torna a ribadire Federica Ricci -. Pensiamo ai danni provocati dal fondamentalismo ambientalista, che ha vietato per anni la caccia nelle aree protette, causando, secondo le ultime stime riferite da Sergio Marini, rappresentante delle istanze di allevatori e agricoltori, circa 70 milioni di euro di danni ogni anno, sottolineando che ad oggi il rimborso arriva mediamente a coprire il 30/40 per cento del totale denunciato”.
Per la Ricci è di fondamentale importanza che l'ambientalismo tradizionale rinunci ad opporsi aprioristicamente alla caccia: “L’attività venatoria rappresenta un importante strumento di monitoraggio e mantenimento di equilibrio tra le specie. Non solo!”.
Prendendo spunto dall'estero si noterebbe pre esempio che "la voce “caccia” è inserita nel bilancio nazionale" e considerata una risorsa. "Un altro esempio di aiuto allo sviluppo rappresentato dalla caccia - spiega ancora Federica Ricci - sono i Paesi dell’Est dove, a fronte di un cospicuo investimento di denaro destinato alla sistemazione delle stazioni della forestale ridotte a ruderi e alla garanzia di posti di lavoro, nonché alla creazione di un indotto derivato dalla caccia, i Governi locali hanno dato in gestione per un numero limitato di anni l’attività venatoria con l’imperativo di osservare i calendari, per tempi e specie locali".
"Diventa necessario - conclude Ricci - iniziare a guardare all’attività venatoria secondo una prospettiva di tipo europeo in cui le venga riattribuito il giusto valore secondo le leggi emanate dalla Commissione Europea. Concludo affermando che il mondo della caccia dovrebbe iniziare a pensare di occuparsi anche dell’educazione ambientale, oltre che dell’ educazione alla caccia, e che siano maggiormente i giovani ad essere coinvolti".