La carne dei cinghiali è biologica, sana (igienicamente più controllata) e può sostituire in parte le troppe importazioni di selvaggina dall'estero. Dalla Liguria arriva una proposta per la soluzione del problema del sovrannumero dei cinghiali e al tempo stesso per favorire la rivalutazione di una risorsa biologica di grande valore. A farla è lo zoologo Andrea Marsan nel suo libro Gli ungulati selvatici in Liguria che ipotizza l'innesco di un sistema per incentivare la filiera corta delle carni di cinghiali nelle zone in cui la specie ha raggiunto numeri insostenibili.
D'accordo con questa proposta si dichiara anche Andrea Campanile, presidente della sezione genovese di Federcaccia che ha ricordato che sull'argomento c'è una Direttiva UE in vigore dal 2006 che consente la commercializzazione degli animali selvatici cacciati. “Superate le diffidenze, informati e preparati i cacciatori come stiamo facendo con i corsi insieme alla Provincia, io spero che si concretizzi questo progetto, con un ritorno economico e anche culturale” dichiara Campanile.
L'assessore all'ambiente della provincia di Genova Renata Briano del resto ha precisato che sull'argomento si sta discutendo sia in Provincia che con i vertici di Federcaccia, “con i quali – dice Briano - abbiamo organizzato il primo corso sulle leggi europee inerenti la commercializzazione ma anche sulle direttive riguardanti l’igiene”.
La soluzione piace anche agli ambientalisti di Legambiente. “Non sono contrario a una filiera di carne di cinghiale o di ungulato commercializzata, soprattutto se ciò avviene all’interno degli abbattimenti pianificati per legge e purché non si corra il rischio di una mattanza” sostiene Santo Grammatico, coordinatore regionale dell'associazione ”.