E' di nuovo con la caccia che se la prende l'Ente Nazionale per la Protezione Animali (Enpa), per attirarsi i consensi dei suoi sostenitori. “Se i cacciatori si accorgessero di come sono visti dalla netta maggioranza degli italiani - si legge in una nota sul sito informativo dell'associazione -, probabilmente appenderebbero per sempre il fucile”.
Questa presunta avversione generalizzata contro la caccia secondo l'Enpa dovrebbe far riflettere i cacciatori e giustificherebbe di per sé la scomparsa generale di un'attività lecita e altrove universalmente riconosciuta. Per condurre la sua campagna, l'Enpa non fa che ricordare l'esito di un sondaggio proposto dall'associazione nel 2004 in collaborazione con Eurisko, il quale decretava che l'82,5% del campione era contrario ad ogni ulteriore liberalizzazione della caccia. I dati rivelarono anche che il 74% era contrario all'attività venatoria; che per il 71% degli intervistati la caccia sottraeva a tutti una parte del patrimonio naturale; che per il 69% della popolazione, la caccia poteva costituire un pericolo anche per l'uomo, mentre il 65% degli italiani era convinto che il cacciatore uccida per “divertimento”. Un altro sondaggio commissionato da altre associazioni animaliste un anno fa confermò - a detta di Enpa - queste deduzioni, non senza le lecite obiezioni, aggiungiamo noi, alzate da più parti sulla corretta formulazione delle domande, che in alcuni casi propendevano a suggerire la risposta.
L'Enpa afferma che i cacciatori “sono destinati ad estinguersi parallelamente al progresso civile”, ma evita di menzionare come e con quale importanza strategica sul territorio, una corretta gestione venatoria rientri nei programmi di tutela faunistica in ogni provincia e regione d'Italia e sia generalmente ben integrata e tollerata in tutta Europa come attività necessaria anche nella lotta alla perdita della biodiversità, come recentemente ribadito dalla Commissione Ue.
La stessa associazione sul proprio sito, forse presa da un impeto di autocritica fuori dal consueto, ricorda le strade percorse dalle proprie precedenti campagne: “pugni nello stomaco, insulti, pesanti accuse e conseguenti contraccuse”, per sottolineare come questa volta, attraverso spot televisivi, radiofonici e pagine sulla stampa che prenderanno il via in questi giorni, si voglia far capire ai cacciatori “quanto sia fuori luogo quel sentimento “eroico” e “romantico” che essi provano mentre, armati fino ai denti, affrontano piccoli animaletti decisamente indifesi”.