Lo storno continua a danneggiare pesantemente le coltivazioni di gran parte delle regioni italiane. A riportare in auge l'allarme è in questi giorni Cia Emilia Romagna lamentando il mancato inserimento di questa specie tra quelle cacciabili, cosa per altro successa in altri paesi europei come Ungheria, Romania e Bulgaria.
Secondo l'associazione, in occasione del decennale aggiornamento della direttiva comunitaria sulla conservazione degli uccelli selvatici, caduto lo scorso anno, il nostro paese non avrebbe richiesto con adeguata motivazione l'inserimento dello storno nell'elenco di quelle oggetto di caccia. Così che nell'atto di aggiornamento della Direttiva Ue 79/409 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea il 26 gennaio scorso, non compare nessuna modifica in questo senso per il nostro paese, tra i più colpiti da questa specie dannosa.
"Il provvedimento - spiega la nota della Cia - anche in considerazione della recente entrata nella Ue di molti Paesi dell'ex Europa orientale, ha subito alcune modificazioni e aggiornamenti anche per quanto attiene le specie di uccelli come lo storno (sturnus vulgaris), un uccello gregario che nei Paesi nordici è protetto perché non costituisce un problema in quanto non esistono coltivazioni di vite e olivo che esistono nel sud Europa".
"Cogliendo l'opportunità della periodica revisione della Direttiva (di norma ogni 10 anni) molti Paesi dell'Europa sud orientale, compresa l'Ungheria, la Romania e la Bulgaria - precisa la Confederazione - si sono attivati chiedendo e ottenendo l'inserimento di storno e tortora dal collare nell'elenco delle specie cacciabili dal 2010, così come è stato precedentemente concesso a Spagna, Francia e Grecia”.
Secondo la Cia l'Italia non ha ottenuto il prelievo dello storno semplicemente perchè non l'ha richiesto, perchè, sottolineano gli agricoltori, la richiesta non potrebbe che essere stata accolta, non potendosi negare all'Italia quello che è stato concesso a tutti i Paesi che hanno estesi vigneti, frutteti e oliveti".
Eppure, come abbiamo illustrato in questo speciale di BigHunter, sappiamo che non è così e che il nostro ministero ha più volte visto rifiutarsi la richiesta, l'ultima volta in data 27 luglio 2009.
L'unica certezza ora, ribadiscono gli agricoltori, è che continuerà la lunga e complicata procedura delle 'deroghe' e di conseguenza il teatrino dei ricorsi e controricorsi al Tar e al Consiglio di Stato contro le delibere che ogni Regione continuerà a prendere per rendere cacciabile lo storno. "L'unico risultato - conclude la Cia - sarà un incremento di costi per Regioni e Province e di tanto lavoro per avvocati e soprattutto resteranno beffati gli agricoltori che dovranno continuare a subire i danni dagli storni".