Marco Dalla Rosa, 26 anni, vicentino, è impiegato nel campo delle assicurazioni ma soprattutto è un grande cultore della caccia e della cinofilia nel tempo libero. La parola caccia per Marco nasconde un'infinità di significati “passione, tradizione, amore, natura, profondo legame con la terra”, insomma, più semplicemente “un modo di intendere la vita”.
Si considera un cacciatore fin dalla nascita ma la passione l'ha scoperta grazie agli amici ed ora la vive con impegno ricoprendo il ruolo di Presidente del Gruppo Cacciatori di Arcugnano, un'associazione composta da cacciatori, lontana dagli schieramenti, che organizza gare di tiro a volo e per cani da ferma e si dedica poi ai ripopolamenti di fauna stanziale.
E' questo per Marco l'approccio giusto nei confronti di una realtà da tutelare. “Le associazioni venatorie – dice - stanno perdendo molta credibilità. Io sono iscritto alla Libera Caccia, ma un'associazione che mi affascina più delle altre è L'Anuu. Mi piace molto il Presidente Bana, un uomo di grande cultura e sono d'accordo con il loro "pensare Europeo".
Ogni forma di caccia ha la sua dimensione, a Marco piacciono tutte ma ama in particolare la caccia con i cani da ferma (Kurzhaar). In ottobre si dedica al capanno con i richiami vivi e da novembre a dicembre alla beccaccia. Passioni in parte condivise anche dalla fidanzata, che lo aiuta talvolta a governare i cani e qualche volta lo segue a caccia, "ma non ha la licenza”. Comunque non è affatto un problema – spiega Marco - “le ore che passo a caccia mi servono proprio per estraniarmi da tutto”.
La caccia dà un valido contributo alla salvaguardia dell'ambiente. “Solo chi ama veramente la natura come la gran parte dei cacciatori può farlo”, per essere più concreti, però “prima di tutto - sostiene Marco Dalla Rosa- dobbiamo cambiare la legge che regolamenta la caccia, dandoci più libertà di azione, non di caccia, ma di poter lavorare per gestione del territorio. Ora come ora abbiamo troppo le mani legate".
Marco ci racconta un aneddoto delle prime esperienze di caccia:
"Una mattina del mio primo anno di Licenza mi recai al fiume di buon ora, molto prima dell'alba, e mi accucciai lungo la sponda ad aspettare i primi bagliori nella speranza di tirare a qualche anatra. A monte, il canale faceva una bella ansa dove l'acqua rallentava e quasi si fermava, tanto da ospitare anche diversi detriti e schifezze portate dalle ultime piene. I minuti non passavano più e mi divertivo a guardare scorrere i flutti scuri del fiume che riflettevano come uno specchio il brillare delle stelle. Ad un certo punto scorsi due ombre che seguivano la corrente proprio davanti a me; li per li rimasi stupito e non riuscivo a capire cosa fossero. Puntai il mio sovrapposto in direzione di esse, ma poi lo risollevai sorridendo ed immaginando che figura avrei fatto sparando a due bottiglie di plastica se lo fossero state. Infatti probabilmente si erano staccate dai detriti fermi dell'ansa a monte, non di certo erano due anatre che danzavono davanti a me! Non feci a tempo di finire il ragionamento quando scoppiò un fragore di ali e acqua, le due bottiglie si trasformarono nella mia immaginazione in anatre nella realtà. Sparai un primo colpo nello scuro della sponda opposta e in una frazione di secondo me le ritrovai ad un metro sopra la testa. Nella fretta dell'inesperienza sparai il secondo colpo quando erano ancora troppo vicine e rimasi a mani vuote. Quando cercai di spiegare al mio socio di caccia che credevo fossero bottiglie e invece erano anatre e che poi le sbagliai tutte e due venne fuori la barzelletta del paese ed a pagarne le conseguenze fui solo io, cacciatore al primo anno di licenza, giustamente inesperto".
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