L'eccessiva urbanizzazione è il maggior nemico di ambiente e agricoltura nel nostro paese. A ribadirlo è Marco Castellani (Anuu Migratoristi) ricordando che, secondo Coldiretti, negli ultimi 40 anni l'agricoltura ha perso un territorio grande come due volte la regione Lombardia.
Da una parte si costruisce, dall'altra si protegge. "Molte Istituzioni regionali pensano di cavarsela continuando a propugnare la fallimentare strategia delle aree protette e delle aree Natura 2000 collegate tra loro dalle cosiddette “reti ecologiche”, rileva Castellani: “sono di pubblico dominio i dati relativi all’efficienza reale di tali sistemi in campo di tutela e gestione ambientale” e sono di altrettanto pubblico dominio “i tanti contenziosi che sussistono tra aree protette e collettività residenti”.
La caccia è quindi schiacciata tra due poli opposti e dannosi. “ Ci troveremo tra aree protette ove la caccia è purtroppo assurdamente vietata e territorio degradato sempre meno utile alla fruizione faunistico – venatoria. In pratica ci troveremo senza campo ove giocare la nostra partita. E in molte realtà regionali è già purtroppo così”.
“Da qui – scrive Castellani - l’esigenza di riuscire a proporre al sistema Paese un modello diverso, una strategia alternativa, basata proprio sul “saper fare” tipico della cultura rurale e dei suoi portatori. Dobbiamo riuscire a far abbandonare l’attuale e controproducente visione, tutta incentrata su vincoli e divieti imposti in certe aree (come alibi per la coscienza), mentre si lascia tutto il resto del territorio abbandonato a se stesso e preda di una indiscriminata aggressione operata dall’espansione dell’urbanizzazione selvaggia e di infrastrutture (spesso inutili o sovradimensionate)”.
Si tratta di puntare sulla reale gestione di tutto il territorio agro-silvo-pastorale per produrre ambiente, fauna e biodiversità, continuando con più incisività a “coltivare” insieme al mondo agricolo il nostro futuro di cittadini e di cacciatori. "Ritengo - chiude Marco Castellani - che ciò non sia una utopia ma sia davvero possibile utilizzando il Coordinamento per la difesa della cultura rurale come momento di sintesi delle tante attività che già svolgiamo in tal senso e soprattutto per impostarne delle nuove, ancor più ampie e concrete, dandogli poi una adeguata visibilità, contribuendo così concretamente anche a rilegittimare davvero la caccia ed i cacciatori agli occhi della politica e dell’opinione pubblica. Insieme possiamo farcela".