Con una lettera indirizzata ai ministri Maroni (Interni), Fazio (Salute), al prefetto e al questore di Messina, il presidente dell'associazione siciliana caccia e natura (Ascn) Francesco Lo Cascio ha chiesto lumi sulla prassi che prevede la presentazione di un nuovo certificato medico per l'idoneità psico fisica dei cacciatori, anche nel caso che gli stessi abbiano ottenuto il rinnovo del porto d'armi uno o due anni prima, prevedendo per ogni richiedente una visita specialistica psichiatrica e un esame del sangue e delle urine per il rintraccio di sostanze stupefacenti ed alcoliche.
L'associazione, che definisce questa procedura “un'aprioristica esautorazione del potere di valutazione del medico certificatore” a cui per legge spetta il compito di valutare o meno la necessità di ulteriori accertamenti sul soggetto, fa notare che l'Azienda Sanitaria Provinciale a causa dell'enorme carico di lavoro non sarebbe in grado di dare corso agli esami entro i trenta giorni assegnati (passati i quali si dà corso alle procedure per la revoca del porto d'armi) e che tali visite comportano l'esborso per ogni cacciatore di circa 120 euro.
“Ove il ritiro del porto di fucile conseguisse semplicemente alla mancata esibizione della certificazione richiesta entro il termine dei trenta giorni – impossibile da rispettare – ci troveremmo in definitiva di fronte ad una forzata ed ingiustificata applicazione delle norme regolatrici della materia” secondo Ascn.
Un sistema di cautela che Ascn definisce eccessivo, “in considerazione dell’irrisorietà dei dati statistici relativi alle lesioni cagionate dall’uso improprio di armi da fuoco da parte dei legittimi possessori, se confrontati con quelli – ben più gravi e sconfortanti – relativi ai sinistri stradali provocati da guidatori in stato di ebbrezza o dediti all’uso di sostanze psicotrope, notoriamente non soggetti a rigidi controlli specialistici”.