“L’associazionismo venatorio italiano ha fallito e deve essere profondamente riformato”. Così interviene il presidente di Confavi Maria Cristina Caretta che punta il dito soprattutto contro le associazioni che non hanno partecipato alla manifestazione del 9 marzo, le quali avrebbero anteposto, a detta dell'associazione organizzatrice dell'evento, “la difesa dei loro interessi personali” ai diritti dei cacciatori.
La partecipazione alla manifestazione dimostra, secondo l'associazione venatoria, una frattura tra la base dei cacciatori e le loro associazioni. I dirigenti di queste sarebbero per il Presidente di Confavi delle “cariatidi” che non hanno ancora capito la necessità di unirsi sotto un'unica bandiera per difendere il destino della caccia italiana.
Il numero degli associati corrisponde ad altrettanti possibili voti “ecco perchè la politica dà più retta a certi dirigenti piuttosto che ad altri” dice Caretta, invitando i cacciatori a “far mancare loro il piedistallo costituito dalle loro tessere”. Tutto ciò a vantaggio della stessa Confavi, che si propone come “motore di questo indispensabile cambiamento, per il bene - si legge nella nota - del mondo venatorio italiano e di tutti i portatori della cultura rurale”.