Riceviamo e pubblichiamo:
Dopo settimane di proclami, campagne di disinformazione e infuocate polemiche sui mezzi di comunicazione, la vicenda dell’articolo 43 della Comunitaria sembra andare verso la conclusione. Una possibile sintesi sul testo dell’emendamento che lo riformulerà sta circolando in queste ore.
E su questa sintesi Federcaccia non può che esprimere la sua insoddisfazione, perché non è certo questo il testo che avrebbe voluto vedere alla fine di questo difficile processo. Senza dubbio non è quello che auspicava e per il quale si è impegnata, lavorando sia nelle sedi istituzionali che sul fronte della comunicazione, spiegandone più volte le ragioni.
Se questo sarà il testo approvato, più punti ci appaiono sfavorevoli, quando non addirittura peggiorativi della Direttiva Uccelli.
Pericoloso, ad esempio, aggiungere alle esigenze economiche, ricreative e culturali di cui tenere conto nel fissare le misure necessarie al mantenimento o adeguamento delle popolazioni di tutte le specie di uccelli quelle “turistiche", pegno pagato ad un ministro che dietro le necessità del proprio dicastero certo non ha mancato di far pesare la propria dichiarata posizione anticaccia. In questo modo rischia di essere impossibile un anticipo della stagione venatoria.
Da guardare con attenzione anche il comma 1 bis aggiunto all'art.18 (“L’esercizio venatorio è vietato per ogni singola specie: durante il ritorno al luogo di nidificazione; durante il periodo della nidificazione e le fasi della riproduzione e della dipendenza degli uccelli”), in quanto si può prestare ad una lettura “di parte” pericolosamente restrittiva dei periodi di caccia.
Inoltre la possibilità di modificare i termini temporali della stagione venatoria da parte delle Regioni è subordinata alla presentazione di analisi scientifiche che devono essere sottoposte a "parere preventivo vincolante di validazione" da parte dell’Ispra, con buona pace degli osservatori regionali - ora non più contemplati dal testo – mettendo tutto in mano ad un Istituto che ha più volte mostrato un atteggiamento di prevaricazione nei confronti dell’attività venatoria.
Si prefigura poi l’emanazione di nuove “Linee guida" per l’applicazione delle Deroghe, che dubitiamo fortemente essere più permissive delle attuali stabilite dal DPR del 2002.
Apprezzabile, se confermata, l’indicazione di mantenere le Deroghe motivate da danni all’agricoltura slegate dalle altre questioni. E le altre Deroghe? E, anche limitandoci al solo storno e ai documentati e rilevanti danni alle colture che provoca, a quando la sua definitiva e non più procrastinabile reintroduzione fra le specie cacciabili?
Insomma, dopo tanto lavoro e dibattere ci troviamo di fronte a un testo con molte criticità, che ha in alcuni punti stravolto le ragioni stesse del suo essere. Un testo che rischia di essere l’ennesima leva nelle mani di chi lavora contro la caccia italiana e sul quale sarà bene non far calare l’attenzione.
Ufficio stampa Federazione Italiana della Caccia