Patrick ha 26 anni e caccia già da cinque. E' un appassionato di caccia a palla che pratica nei bellissimi boschi della provincia di Udine al confine con l'Austria, teatri delle sue avventure venatorie e non. La sua è una passione travolgente. “Per me la caccia – dice - è uno stile di vita, una magnifica droga che circola nelle mie vene fin da quando a soli 5 anni accompagnai mio zio per un'uscita al capriolo”.
In quell'occasione – ci racconta -, ricordo che non vedemmo nemmeno un capriolo ma fui come stordito dalla bellezza della montagna, dalla pace che sentii dentro quando il sole sorge e tramonta, dalla magnifica sensazione che provai a vedere quelle persone adulte agitarsi ed emozionarsi nel raccontarsi storie di vecchie "padelle" o di grandi carnieri”. E' in quel momento, appena bambino, che ha sentito di “essere cacciatore”, anche se la tanto sospirata licenza è arrivata solo con la maggiore età, a cui si è aggiunta poi poco dopo l'abilitazione a selecontrollore.
Spiegare la caccia a una persona che non c'è mai stata? “E' come spiegare i colori a un cieco dalla nascita” secondo Patrick. “La caccia per me - spiega - non è il trofeo, non è la fucilata – lo zio gli ha sapientemente insegnato che la schioppettata è l'ultima cosa da imparare della caccia- , ma è un momento di unione con la natura e con le persone che come noi condividono questa grande passione”.
Dopo essersi diplomato come operatore elettronico Patrick ha scelto di lavorare come muratore-carpentiere edile, lavoro che lo ha da subito conquistato, tanto da permettergli di lavorare come capocantiere in Africa per quasi un anno. In quei mesi – ricorda Patrick - il mio pensiero volava sempre alle mie montagne, ai miei boschi, ai miei caprioli. Se esiste il mal d'Africa allora esiste pure il "mal di caccia", visto quella sensazione nostalgica che mi ha pervaso”.
Ha anche altre passioni, come il calcio, la pesca, il tiro a segno (al poligono di Tolmezzo) e il digiscoping, quest'ultimo per il momento solo in fase "teorica" ma – dice - presto “assorbirà tutto il mio tempo libero fino all'apertura della stagione venatoria”. In futuro – ci scrive - mi piacerebbe impegnarmi nell'arte della ricarica, anche perchè ho degli amici molto competenti in materia”.
Patrick si augura che verrà un futuro in cui i cacciatori italiani siano visti con altri occhi. Magari proprio come nella vicina Austria, dove dice, soprattutto nei piccoli paesini, quando il cacciatore torna a valle con la sua preda, viene accolto da tutti con sorrisi e ammiccamenti di approvazione”.
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