Venticinque anni, impiegata, cacciatrice. E' il ritratto in estrema sintesi di Debora Verdelli, specializzata nella caccia di selezione e appassionata alla migratoria e alla stanziale. Per lei la caccia è “uno sport sano” e i cacciatori sono “persone di cuore, amici e compagni d'avventure”.
Debora, che vive nella stupenda campagna aretina, con la caccia ha sempre avuto a che fare. Con nonno e babbo cacciatori, dice di essere cresciuta tra cani, cartucce, fucili (ovviamente in tutta sicurezza).
L'arte venatoria non è solo un'indole personale ma uno strumento per salvaguardare e migliorare l'ambiente, osserva. Da cacciatrice di selezione al capriolo e daino, ci parla del sovrappopolamento di specie “problematiche”come il cinghiale e il capriolo, dannosi sia per l'agricoltura, sia per il mantenimento della specie stessa, nonché causa di incidenti stradali, individuando nella pratica della selezione l'unica vera risposta per regolare le popolazioni.
Il problema del sovrannumero non si ferma alle campagne. “Nelle nostre zone – racconta Debora - siamo stati invasi da piccioni “tettaioli o terragnoli” come si chiamano da noi, per altro grandi portatori di parassiti e malattie”, cosa che ha portato diversi comuni a permetterne il controllo “in tutta legalità, con tanto di delibera, proprio per cercare di migliorare l’igiene nei paesi”.
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