“Oggi almeno 40 oasi naturali sono state salvate grazie alla nostra politica di tutela”. Lo ha affermato, nel corso delle celebrazioni della festa delle aree protette, il presidente di Wwf Oasi Antonio Canu, che ha ricordato come tutto sia partito dalla prima riserva strappata all'attività venatoria, quella di Burano.
A Wwf e alla politica protezionistica di parchi, oasi e riserve si dovrebbero, secondo le parole del Presidente Stefano Leoni, tutti i meriti dello stato favorevole in cui versa la biodiversità italiana, che al contrario di quanto annunciato con toni catastrofici fino a poco tempo fa dal mondo ambientalista nostrano (quando cioè si è trattato di dare addosso alla caccia), scopriamo ora in ottima salute. L'Italia, come conferma Leoni, è addirittura il primo paese in Europa per numero di specie: 57 mila animali e oltre 6 mila di piante superiori.
Presente alla conferenza stampa anche il ministro all'Ambiente Stefania Prestigiacomo che ha sottolineato l'importanza di “non mummificare i parchi, ma usarli come volano economico per permetterne la fruizione e consentire agli amministratori di sviluppare politiche che facciano crescere il territorio”.
E mentre la Prestigiacomo pensa a come far volare l'economia attraverso le riserve, si sprecano le rimostranze degli agricoltori che denunciano una scarsa attenzione degli Enti parco nella gestione della fauna in eccesso e dei milioni di euro di danni alle coltivazioni.
In realtà, anche se ai protezionisti l'idea non va giù, la stretta tutela delle aree verdi è un mero palliativo dei problemi di flora e fauna e un costo per lo stato per il loro mantenimento. Se la fauna italiana si trova in buona salute, occorre ricordarlo e sostenerlo con forza, lo si deve anche alle attività di tutela portata avanti dal mondo venatorio, che opera dove le riserve non arrivano. La caccia ha dimostrato di saper portare avanti il principio della sostenibilità, anche se il mondo ambientalista non riesce ad ammetterlo.