Continua il filo diretto sulla caccia del quotidiano La Nazione, che oggi pubblica un confronto con gli utenti del proprio sito, il Presidente di Federcaccia Umbria Franco Di Marco e il vice presidente della sezione perugina Luciano Calabresi.
Il dibattito ha toccato vari punti. A partire dalle esternazioni del Ministro Brambilla, che, specifica Di Marco, rappresenta “solo l'ultimo, in ordine di tempo, di una serie di attacchi che sta subendo il mondo venatorio”. Una moda secondo il Presidente “nonchè uno strumento lanciato dall’ex ministro Pecoraro Scanio per nascondere il fallimento delle politiche ambientali".
Duro anche il giudizio sulla Comunitaria “abbiamo perso la possibilit�anticipare l’apertura ad agosto, i dieci giorni in più che ci sono stati concessi a febbraio in realtà sono sei, considerando che il martedì e il venerdì vige il silenzio venatorio” dichiara Di Marco.
“Dobbiamo essere più presenti all’interno delle scuole per parlare di caccia e far capire agli studenti che la nostra passione non significa solo uccidere gli animali", così il presidente risponde alla a Lorenzo da Perugia che ha chiesto lumi sul ricambio generazionale nelle file venatorie. Problema su cui in Umbria ci si difende bene. "Non tutti gli anni sono uguali — specifica Calabresi —. Ad esempio, il 2010 nel territorio ternano ha fatto segnare interessanti indici di crescita".
A Mario da Spoleto, che chiede se gli Atc si siano rivelati un fallimento risponde perentorio il Presidente. “Non lo sono assulutamente” – ha detto. “Come Federcaccia, abbiamo fortemente voluto gli Atc, che rappresentano l’unico metodo di gestire direttamente i territori di caccia coinvolgendo tutti i vari attori interessati: agricoltori e ambientalisti, oltre alla componente venatoria. Si può sempre migliorare, questo sì. L’importante è che gli Atc non diventino centri di potere". "Gli Atc sono un gruppo di lavoro — aggiunge Calabresi — in cui ognuna delle tre componenti può offrire il suo contributo. In particolare riguardo alla selvaggina stanziale gli Atc possono rivestire un ruolo di primo piano".
Il presidente di Fidc Umbria, interrogato sulla possibilità di incrementare il turismo venatorio, risponde: "In Italia paghiamo cara la differenza normativa rispetto ad altri paesi, dove alla caccia vengono messi molti meno paletti. All’estero sono permesse delle vere e proprie ‘mattanze’ di animali, un fatto che purtroppo ha un certo potere attrattivo. Non vogliamo arrivare a questo eccessivo imbarbarimento, servirebbe però una più spiccata uniformità in materia venatoria, quantomeno all’interno dei confini dell’Unione Europea".
(La Nazione)