Riceviamo e pubblichiamo:
Uno dei tormentoni estivi per la caccia in diverse regioni italiane è l’applicazione del regime di “deroga” secondo la Direttiva 79/409, ora divenuta 2009/147 causa le piccole modifiche apportate al testo comunitario da un punto di vista meramente formale (adeguamento all’ingresso di nuovi paesi nell’UE).
Il prelievo venatorio rappresenta una corretta applicazione di tale regime, prevista espressamente all’art. 9, sempreché venga effettuato su specie in buono stato di conservazione (e su quelle generalmente ipotizzate non sussistono problemi); sempreché il prelievo venga monitorato con un sistema costante e continuo (come quello delle schede di rendicontazione quindicinali della Lombardia e del Veneto, forse un po’ macchinose ma efficaci); sempreché non sussistano altre soluzioni soddisfacenti e che si calcoli la piccola quantità prelevabile (parlando di caccia non sussistono altre soluzioni soddisfacenti).
In tal modo, avremmo verificato ogni condizione richiesta dalla Direttiva con assoluta chiarezza e limpidezza. Tuttavia, mancando un coordinamento nazionale per quell’incapacità tutta nostrana di applicazione delle leggi, ci tocca ora essere più realisti del re, visto pure che i parametri contenuti nella Guida Interpretativa sono una realtà europea che gli ambientalisti non hanno mai voluto che fosse recepita con legge dallo Stato italiano (come nel caso dell’ultima legge comunitaria) e che, infine, aleggia sempre sulle nostre teste il famoso “principio di precauzione”, che non è mai stato applicato con saggezza. Magari ci fosse più buon senso sia da parte di chi avversa le deroghe, sia da parte di chi promette ai cacciatori la cosiddetta “luna nel pozzo”!
Si aggiunga a ciò una recentissima sentenza della CJCE – n. 573/08 – (Corte di Giustizia delle Comunità Europee) depositata – guarda caso – il 15/07/10, dopo essere stata discussa il 25/03/10 in piena bagarre parlamentare sulla legge comunitaria (ogni riferimento di date è puramente casuale). Essa ha deliberato sulle modalità delle deroghe del 2004-2005 in Lombardia, in relazione sempre alla piccola quantità, allorché da allora molta acqua è passata sotto i ponti: ma quello che strabilia lo si legge al punto 75) ove si accusa lo Stato italiano (Ministro dell’Ambiente era Alfonso Pecoraro Scanio): “In settimo luogo, la Commissione afferma che, non avendo comunicato i testi delle leggi regionali emanate dalle regioni Lazio, Lombardia, Toscana e Puglia, la Repubblica italiana ha violato l’obbligo di cooperazione e di aggiornamento della situazione normativa interna in relazione al recepimento e all’applicazione della direttiva 79/409, sancito dall’art.18, n.2, di quest’ultima.”
Ancora più strabiliante è il passaggio concernente il legale dello Stato italiano (quello sempre presente in queste procedure, poiché le Regioni, pur essendo competenti in materia, non sono abilitate a stare in giudizio avanti la Corte di Lussemburgo) che ha precisato – così si legge testualmente – all’udienza, “che la posizione delle regioni era stata esposta dal momento che la caccia ricade nella loro competenza esclusiva, pur riconoscendo che la normativa in materia di caccia non è adeguata ai fini del conseguimento degli obiettivi previsti dalla direttiva 79/409.”
A questo punto quale credibilità si deve dare ai comunicati degli ambientalisti e simili quando sparano notizie palesemente false senza neppure precisare il periodo temporale della stagione di caccia trattata? Quale fiducia si dovrebbe avere nel tanto sbandierato federalismo allorché lo Stato italiano, tramite il suo legale, nemmeno difende le leggi regionali? Insomma, comunque vada anche per la prossima stagione venatoria le lamentele non mancheranno, ma occorre comprendere che le Regioni dovranno rivedere attentamente la materia, imparando a confrontarsi direttamente con Bruxelles e con Roma perché l’UE, il nostro Parlamento e il nostro Governo comprendano una volta per tutte la validità delle scelte regionali. Ma soprattutto, occorrerà dialogare quotidianamente con tutti quanti operano sul territorio. In Francia, disturbare l’attività di caccia è recentemente diventato financo penalmente rilevante, in Italia dovrebbero essere perseguiti tutti coloro che – e sono tanti – della caccia sparlano. Con la buona volontà di tutti, siamo certi che ce la faremo a disinnescare questo clima impossibile che ormai avviluppa l’intero nostro vivere civile anche in questa materia. E noi faremo di tutto per riuscirci!
ANUU MIgratoristi Stampa