Sulla formulazione delle deroghe regionali pesano diversi fattori, in gran parte riconducibili a quanto dettato dall’Unione Europea in tema di prelievo di specie non oggetto di caccia. Da noi la situazione si è certamente complicata con l'approvazione della Comunitaria ma in ambito Europeo le disposizioni a riguardo si sono in generale rese più chiare per tutti gli stati membri, con l'aggiornamento della Direttiva Uccelli di fine 2009 (ex 79/409/CE oggi 2009/147/CE) e con la nuova Guida Interpretativa.
Viene ribadito comunque per esempio il concetto che le deroghe sono possibili solo a condizione che il prelievo (con il fucile), per piccole quantit�sia motivato in relazione a problemi specifici (come i danni all'agricoltura ma non solo) e solo dopo aver messo in atto e documentato l'inefficacia di metodi alternativi. Gli Stati membri sono inoltre tenuti a presentare annuali relazioni sulle deroghe applicate e sui risultati ottenuti.
A far capire alle amministrazioni (non solo quelle italiane) che la scientificità dei prelievi è un elemento fondamentale, sono arrivate le recenti condanne. Da noi, nel tempo, sotto il mirino sono finite fra l’altro le leggi regionali di Toscana, Lombardia, Abruzzo, Lazio con la conseguente condanna della Corte di Giustizia Ue alla Repubblica italiana, accusata di non garantire attraverso la legislazione vigente una corretta applicazione del regime di deroga.
Questa corretta applicazione si riferisce principalmente alla mancanza di un sistema che permette l'accertamento della documentazione necessaria per l'applicazione delle deroghe: certificazione dei danni e dei risultati ottenuti con l'uso di dissuasori per la fauna avicola (spari a salve, palloni appariscenti, nastri colorati o riflettenti, ecc.).
Per un ulteriore approfondimento, rimandiamo all’articolo 9 della direttiva Uccelli e alle relative note della Guida interpretativa. Vai al testo