Non era un terreno facile ma il Presidente Dall'Olio, invitato a parlare di caccia alla trasmissione Mattina in famiglia domenica 26 settembre, se l'è proprio cavata. Già perchè ogni volta che la caccia entra in tv, per forza di cose, lo deve fare partendo da zero. Bisogna spiegare come e perchè si può cacciare in Italia (a dimostrazione di come poco si conosca l'argomento nel nostro paese) ed allontanare le infamanti accuse che quotidianamente le vengono rivolte, argomentando con fatti e dati alla mano. E questo è il problema dei problemi, che finora non è stato risolto. In studio con il Presidente di Federcaccia oltre ai conduttori Tiberio Timperi e Miriam Leone, c'erano Marina Ripa di Meana e Massimo Vitturi della Lav.
“E' una lotta impari” ha più volte sostenuto Ripa di Meana, intervenuta, ci pare di aver capito, come opinionista e rappresentante del mondo animalista radical shic, cadendo spesso nelle più banali contraddizioni. Vitturi ha invece puntato sulla condanna recentemente inferta all'Italia per la mancata applicazione dei principi europei, per cui ha paventato un prelievo dalle casse dello Stato e di tutti gli italiani (tranquilli, non è vero come ha sostenuto l'animalista, che dovremo pagare. Al momento non c'è da pagare niente! n.d.r) e sull'accesso dei cacciatori nei fondi privati, regolato da una norma, la 842, secondo lui deprecabile perchè viola il diritto di proprietà.
In realtà la 842 ha risposto ad un principio di democratizzazione della caccia, ha ribadito il Presidente Dall'Olio. Nel '42, ha spiegato, “ha risolto un problema annoso” visto che il proprietario di un terreno poteva esercitare lo ius prohivendi ed impedire l'accesso sui propri terreni. Va da sé che questa modifica ha “disciplinato e liberalizzato l'esercizio della caccia”. “L'accesso alla selva è permesso in tutti i paesi” ha detto Dall'Olio. Lo stato non ha fatto altro, in realtà che ribadire che nessuno può arrogarsi il diritto di proprietà sulla selvaggina, nemmeno gli animalisti come Ripa di Meana, che da proprietaria di una porzione di bosco in Umbria, si è lasciata scappare di essere preoccupata per i “propri” animali.
Dall'Olio ha avuto modo di spiegare che la caccia di oggi dev'essere compatibile con le risorse faunistiche e che la maggioranza degli italiani è favorevole ad una caccia normata e sostenibile. Come dimostra la ricerca di Finzi, ha considerato Dall'Olio, gli italiani conoscono poco e male l'argomento anche perchè si è parlato troppe volte (con la complicità dei media ndr) di caccia selvaggia, che, visto che da noi le leggi ci sono e sono tra le più restrittive a livello europeo, non esiste.
Durante la trasmissione si è parlato anche dell'importanza economica del settore sia per i settori produttivi (45 mila posti di lavoro, di cui solo 3.800 nella produzione di armi per la caccia) che per le finanze dello stato (173 euro per il porto d'armi più le tasse regionali che vanno dai 54 euro in Lombardia ai 150 in Emilia Romagna). Non solo, grazie anche all'intervento di Stefano D'Ambrosi, del Ministero delle Politiche Agricole, in studio, si è parlato dell'indotto turistico e dell'apporto dell'attività venatoria ai problemi dell'agricoltura. “Sia in Europa che in Italia – ha detto D'Ambrosi - la caccia ormai si intende come realtà sostenibile”.
Un suggerimento ci permettiamo di fare a Timperi: quando cita dei dati, verifichi prima la fonte. Non è vero che i referendum sono stati vinti dagli ambientalisti, come gli ha suggerito il solito contaballe. In particolare, il referendum del '90 promosso dai radicali e sostenuto da tutte le sigle animaliste-ambientaliste, andò fallito perchè non si raggiunse il quorum. Se queste sono vittorie, fate pure, signori radical-ambientalisti alla Marina Ripa di Meana, ex Lante della Rovere. Ma non continuate a vendere fumo.