La caccia va abolita? Questo il tema del sondaggio collegato alla trasmissione Bianco o Nero, andata in onda questa mattina, venerdì 1 ottobre su Radio 24. I numeri, in apertura del dibattito danno subito ragione alla caccia: il 54 per cento dice di no, commenta il conduttore Alessandro Milan, che introduce subito l'ospite in studio: l'eurodeputato Sergio Berlato, autore della lettera firmata da tutta la delegazione del Pdl europeo che ha chiesto al Presidente Berlusconi di intervenire sulle continue pretese della Brambilla di abolire l'attività venatoria, destabilizzando l'elettorato attraverso una battaglia illiberale e contro i programmi del governo. “Vogliamo seppur nel rispetto delle diverse opinioni – dice Berlato, definendosi “orgogliosamente cacciatore” - che la caccia possa essere esercitata nel rispetto della legge”.
In diretta telefonica, a sostenere le posizioni contrarie, c'è Carlo Consiglio, presidente della Lac: La caccia – sostiene - è un fattore negativo per il turismo e in Italia non viene applicata secondo i principi dell'Unione Europea”. “Gli animali sono esseri sensibili come noi – dice Consiglio- soffrono, provano dolore, gioia, vergogna e tutti gli altri sentimenti. Andarli ad uccidere mi sembra fuoriposto”.
L'intervento di Consiglio dà modo a Berlato di parlare del diverso approccio culturale tra coloro che ritengono la caccia uno strumento di gestione del patrimonio faunistico e chi, diversamente, vorrebbe metterlo “sotto una campana di vetro”. Per spiegare tale gestione Berlato utilizza una efficiente metafora paragonando la fauna ad un albero da frutto “che per continuare a dare frutti rigogliosi – dice - deve essere oggetto di continue manutenzioni, irrigato quando serve, tenuto libero dalle erbe infestanti e potato”. “La caccia - spiega - non è altro che quella sapiente potatura che viene fatta per garantire che l'albero da frutto possa dare frutti rigogliosi non solo per le presenti generazioni ma anche per le future”.
In disaccordo con l'onorevole, Consiglio sostiene invece che le popolazioni faunistiche si regolano da sole attraverso la capacità portante che dipende dalle risorse sostenibili “non c'è bisogno – dice - di interventi umani”. Replica di Berlato: “il patrimonio faunistico nell'arco alpino ha avuto un decremento pauroso per effetto di alcune malattie che si sono propagate per l'eccessiva presenza degli animali. Per non prelevarne il 10 per cento si è permessa l'espansione della malattia che ha provocato la morte del 98 per cento degli animali”.
Il problema, sottolinea l'europarlamentare, è semmai che si faccia confusione con chi non rispetta le leggi: “i pirati della strada stanno agli automobilisti – dice - come i bracconieri stanno ai cacciatori. Non perchè ci sono i pirati della strada tutti gli automobilisti devono essere trattati come delinquenti, non perchè ci sono alcuni bracconieri, che spesso non hanno nemmeno la licenza di caccia, dovremmo trattare tutti i cacciatori come dei delinquenti”.
Seguono gli interventi degli ascoltatori: Marco dalla provincia di Livorno, cacciatore da 38 stagioni, dice “rispetto la natura, rispetto gli animali e la caccia è una passione”. Fabio, che si dichiara non cacciatore, ritiene grave che “la sensibilità di una parte della popolazione piccola o grande non importa, possa limitare la libertà di un'altra parte di andare a caccia secondo il rispetto della legge”. Quando rispetta la legge – continua - il cacciatore non limita la libertà degli animalisti mentre loro vogliono limitare la libertà di altri liberi cittadini”. Per gli animalisti interviene Maria Teresa dalla provincia di Vercelli, contraria alla caccia e aspirante vegetariana, sostenendo che la “potatura” esercitata dalla caccia non è molto sapiente: “ne è la prova – dice – che le provincie facciano interventi per la reintroduzione. L'albero - rileva - è stato potato oltre misura e non è più in grado di produrre frutti autonomamente”. Per Alessandro da Torino, cacciatore di montagna, il problema di questa flessione, riscontrabile maggiormente nelle aree protette, è semmai da ricercare nei cambiamenti ambientali incorsi per motivi estranei alla caccia come le monocolture intensive e l'utilizzo dei diserbanti.
Infine la parola torna a Berlato, il quale considera che "va sfatato questo luogo comune per cui gli italiani siano contrari alla caccia". A dimostrarlo ci sono i 19 referendum falliti. Agli italiani per l'onorevole interessa unicamente "garantire l'esercizio di questa attività nel rispetto della legge". Chi dice che gli italiani sono contrari alla caccia - conclude Berlato - deve confrontarsi con un elemento oggettivo di riscontro: un recente studio ha dimostrato che il 54 per cento degli italiani è favorevole alla caccia".
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