Alla sua terza stagione venatoria Francesco Crimi, 22 anni, di Salemi (TP), nutre un profondo amore per la caccia, attività che mette al primo posto tra i suoi diversi interessi, tra cui la pesca, la raccolta dei funghi, il cinema e il calcio. Studia Ingegneria per l’Ambiente ed il Territorio all’Università degli Studi di Palermo e con ogni probabilità sarà quindi un futuro tecnico del settore. Allo studio e agli hobbies si aggiunge l'impegno nel sociale che ha esercitato presso un’associazione che si occupa di ragazzi con pesanti problemi familiari.
“Sono ancora giovane – spiega - ma grazie alla caccia ho conosciuto persone, ho vissuto con loro il gusto di condividere una passione, ho toccato con mano il piacere di stare immerso nella natura, e ho conosciuto meglio anche me stesso”. Pratica soprattutto la vagante a quaglie e va a beccacce con il suo setter inglese. Una passione tramandata dal padre, che – dice Francesco - “mi ha trasmesso la sua essenza nella maniera più corretta: sin da bambino mi portava nel bosco e mi spediva qua e là a raccogliere i tordi che prendeva e ad assistere alle incantevoli ferme dei nostri cani su quaglie o beccacce”. “Mi ha regalatoquesta caccia, - spiega ancora - nella quale lo sparo e l'abbattimento del selvatico sono solo la conclusione di un insieme di emozioni date dal trovarsi immerso nella natura, dal seguire le azioni del proprio cane, dal lasciarsi travolgere da quella bellezza, da quella sensazione di silenzio, di pace e di solitudine che solo la caccia può dare”.
Con lui, Francesco ha scoperto la bellezza di cose come “la composizione di quel quadro stupendo che si costruisce al sorgere del sole”, il canto degli uccelli o “quella piacevole sensazione quando il tepore che aumenta e ti spazza via i brividi degli ultimi minuti della notte”. “Adesso come allora – spiega - con la caccia vengo trasportato in un mondo assai lontano dagli assilli della vita, un mondo nel quale si provano sensazioni uniche difficili da trasmettere”.
Per Francesco c'è un parallelismo assoluto tra l'etica venatoria e la salvaguardia dell'ambiente: “sono i cacciatori che conoscono meglio di altri i ritmi delle stagioni e la biologia della selvaggina”, ci spiega.
Come la maggior parte dei giovani che vorrebbero una caccia migliore e diversa si dichiara disponibile e disposto ad impegnarsi per difendere la categoria dei cacciatori e cercare di cambiare le cose anche se, sottolinea “quello che succede ogni anno in Sicilia (regolare sospensione del calendario venatorio..) mi ha portato ad essere abbastanza scettico nei confronti dell’attività delle associazioni venatorie, le quali, tranne alcune rare eccezioni, invece di far valere i diritti dei cacciatori fanno esclusivamente i loro interessi, l’unica cosa che vogliono realmente è non perdere la poltrona”.
Ecco come racconta la sua prima, indimenticabile beccaccia:
Quella fredda mattina di dicembre ero arrivato sul posto con il mio setter prima che sorgesse il sole, con la speranza di riuscire ad incontrare nuovamente la Regina, intravista tra la folta vegetazione del sottobosco il giorno precedente. Aspettai le prime luci dell’alba e mi incamminai lungo il sentiero che mi avrebbe portato nella parte alta del bosco, il cane batteva minuziosamente il terreno poco lontano da me quando improvvisamente volge la testa a destra e rimane immobile, affrontai la salita ripida cosparsa di rami e tronchi abbattuti dal vento, con passi lenti e dosati mi avvicinavo sempre più, mi bastavano pochi metri per essergli sopra ma la Regina decise che poteva bastare così, si alzò da terra in tutto il suo splendore, era una meraviglia divina, io esitai un secondo trattenni il fiato poi sparai, la vidi cadere. Raccolsi quella beccaccia, la tenni tra le mani tutto il tempo che ci volle per arrivare fino alla macchina, poi ricomposi le sue meravigliose piume, coccolai il mio cane e mi resi conto che la Caccia faceva parte di me, del mio animo.
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