Cristina Bertamini, nata nel 1972 a Sestri Levante, abita a Moneglia, piccolo e riservato gioiello del levante ligure. Donna determinata ed energica, è responsabile dell'Ufficio commerciale di un'affermata azienda metalmeccanica, una fervente cacciatrice e una patita del tiro a volo. Alla caccia dedica da sempre una grande attenzione: nel consiglio della Federcaccia locale ha coordinato per diversi anni le attività del Comitato per la salvaguardia dell'ambiente “lottando e vincendo – ci racconta - contro il progetto che voleva rendere la nostra meravigliosa Liguria un unico grande Parco interdetto all'attività venatoria, da Portofino alle Cinque Terre, da Santo Stefano d'Aveto all'interland savonese”.
Alla passione del tiro a volo non ha dato di meno. Lo ha praticato ad altissimi livelli e ultimamente si è laureata presso l'ISA, International Shooting Accademy. Oggi si occupa di trasferire quello che sa ai ragazzi del settore giovanile della Liguria, che segue direttamente e presto anche a quelli di Toscana e Piemonte. I ragazzi – spiega - sono la mia luce e la mia gioia, riverso su di loro tutto il mio cuore e la mia esperienza. E non è difficile, visto che la maggior parte di loro sono anche cacciatori accalorati: rispecchiarmi in loro è questione di un attimo, ed il feeling è palpabile”.
Cristina ricorda con gioia le origini della sua passione. Ha cominciato a seguire il padre a caccia quando ancora frequentava le elementari: “alba e tramonto ai tordi sono state le prime esperienze che lui ha condiviso con me”. L'amore per la caccia è nato in lei attraverso un rituale che si ripeteva durante ogni periodo natalizio. “Ancora piccolissima – scrive - ricordo che finito il pranzo e sgombrato il tavolo da ogni ben di Dio, si stendeva la coperta militare di quando il nonno era alpino, grigia e consunta, ed ogni uomo di famiglia predisponeva, indaffaratissimo, borre, pallini, feltri, inneschi, il bilancino….si trascorrevano ore a caricar cartucce”. A quel rituale prendevano parte vicini, parenti e amici che ogni anno invadevano casa dei nonni puntualmente per prender parte alle attività. “Natale per me non avrebbe avuto lo stesso nome se mai si fosse abbandonata questa riunione di cacciatori”.
Lei, che della caccia si sente una figlia indiscussa, dice: “mi ha cresciuta nel pieno rispetto della natura, nell'insito appagamento che ti pervade alla fine di ogni faticosa salita a ridosso dell'acqua pendente, nel rigore e nella disciplina di risvegli notturni e dei sacrifici ad essi connessi; mi ha concesso il privilegio di imparare ad ascoltare, di saper tacere innanzi all'esperienza, di capire la differenza tra ottenere ed avere”. La caccia insomma non è uscire di casa fucile in spalla e cane al guinzaglio ma tutto quello che normalmente dell'ars venandi non si conosce o si considera poco: ovvero faticare a vantaggio del patrimonio faunistico, curando sentieri, ripulendo le messi, liberando i corsi d'acqua mesi prima dell'apertura, insomma, scrive Cristina “condividere uno sforzo comune che premia le nostre gesta di pochi mesi”.
Questi sono i motivi che oggi la portano a considerare che un cacciatore è un individuo completo e consapevole del pieno significato della vita. Principi che sarebbero ideali per una vera educazione dei ragazzi di oggi, capace di “far loro riconquistare il sapore delle tradizioni vissute appieno”. Tanto basterebbe, per Cristina a “portare indietro di un passo la nostra societ�e ricollegare la vita alla conquista e non al mero benestare, a creare una nuova generazione di persone coinvolte nella tutela dell'ambiente, capaci di condividere i doni. Se la caccia fosse vista così, si potrebbe “assottigliare quel distacco nei confronti di ciò che oggi viene aridamente definito uno sport e che ne rende difficile la comprensione ai più, purtroppo”.
“La caccia dal palco, le albe pungenti e rossastre del mese di ottobre, sono quanto di più profondo i miei sensi percepiscano nell'arco dell'intero anno. Vedere i nostri 40 volantini disegnare morbidi e flessuosi cerchi nell'azzurro terso del mattino, veder brillare le loro mostrine al sorgere del sole, assaporare ogni battito d'ali ed avere il privilegio di sentire assonanza col cuore... scatena in me emozioni che mi pervadono l'animo. “Questo è il mio personale senso della caccia: questo è ciò che mio padre ed i miei nonni prima di lui mi hanno insegnato, questo è il mio mondo. E oggi so che mio padre guida ogni fucilata da lassù, con gli occhi lucidi, orgogliosi della cacciatrice che sono diventata”.
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