Per il Wwf la stagione venatoria che si chiude ufficialmente oggi (ad eccezione del Lazio) è stata del tutto negativa. L'associazione punta il dito contro quelle Regioni che a suo dire non hanno applicato le norme introdotte con l'approvazione dell'articolo 42 della Comunitaria e che hanno invece approvato “atti illegittimi” a danno del patrimonio naturale nazionale ed internazionale" (danni di cui non si parla mai nemmeno nella lista dei rischi per la biodiversità redatta poco fa dall'Ispra, ndr). Per Wwf le regioni “avrebbero dovuto ridurre la stagione di caccia e proteggere molte specie di uccelli, prima cacciabili” e rispettare le indicazioni contenute nel documento Ispra inviato a tutte le regioni.
“Secondo l'Ispra – sostiene ancora Wwf -, salvo qualche eccezione, la caccia in Italia dovrebbe aprirsi il 1° ottobre e chiudersi al massimo il 20 gennaio; molte specie andrebbero sospese dai calendari venatori; per molte altre, la caccia potrebbe essere autorizzata solo in presenza di piani di gestione adeguati”.
Le Regioni in molti casi, su sollecitazione dell'Ufficio Avifauna Migratoria di Fidc e delle altre associazioni venatorie, hanno fatto riferimento ai Key Concepts della Direttiva Uccelli, che ha dato indicazioni esaustive sulle date relativi ai prelievi rispetto ai periodi di migrazione e riproduzione, al di là delle indicazioni restrittive dell' ente che fa capo al Ministero dell'Ambiente.
“Abbiamo dovuto ricorrere al giudice amministrativo per molte regioni che in diversi casi ha messo in discussione gli atti regionali” scrive Wwf sul proprio sito, dimenticandosi di riferire anche quando il Tar ha riconosciuto la validità scientifica dei calendari, laddove le norme in vigore sono state applicate secondo specifici dati e non sulla base di principi puramente protezionistici, così come avviene da tempo in moltissimi paesi europei.