Le Associazioni Venatorie umbre contestano i
continui tentativi di criminalizzare l'attività venatoria da parte delle associazioni anticaccia attraverso la diffusione di "dati gonfiati" e appositamente distorti sulle vittime della stagione, riportati anche da un recente servizio
del TG1. La manipolazione è evidente: si assiste, si legge nella nota del Coordinamento delle Associazioni Venatorie umbre - ad una continua equiparazione senza distinzione fra cacciatori e bracconieri, è evidente la ricerca di un nesso di causa esclusivo tra atti violenti e criminali (leggi omicidi domestici) e la caccia, infine è sempre alla caccia che si cerca di addossare la colpa di un progressivo calo di turisti.
"Queste false e offensive accuse - si legge nella nota - non solo creano una vergognosa distorsione dei dati reali, ma anche l’illusione venduta ad arte all’opinione pubblica che abolendo la caccia si riesca ad abolire la violenza in genere. Non è più possibile pertanto accettare simili speculazioni a danno di un’attività tradizionale e culturale qual’è l’attività venatoria, peraltro riconosciuta e legittimata da una recente Sentenza della Corte di Giustizia dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo (n° 9307/07 del 20/01/11), dove si legge che “la caccia fa parte della gestione e della conservazione della natura ed ha una rilevanza pubblica necessaria e giustificata”.